Net Service: "L’Italia è una grande palestra"

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Gianluca Ortolani

Gianluca Ortolani

Bologna, 8 marzo 2016 - Parlando di ere del web, il 1997 equivale al Medioevo. In quegli anni, quasi per gioco, Gianluca Ortolani e Daniele Franceschi, due studenti di ingegneria, aiutarono un’azienda forlivese a dotarsi di un sistema di posta elettronica. Nacque così Net Service: 60 dipendenti, quattro sedi e una missione, semplificare i sistemi più intricati.

Ortolani, cos’è cambiato?

«Le richieste dei clienti sono ancora le stesse. É cambiato di molto il settore, sia nel bene che nel male».

Prima il bene.

«Erano pochi gli strumenti a disposizione. Perciò realizzare anche un sistema di posta voleva dire costruire tutto ex novo, lavorando a mano».

Adesso?

«Con l’open source sono molti i pezzi prefabbricati e integrabili. In compenso i sistemi si sono appesantiti, un intrico sempre più complicato. È qui che entriamo in gioco noi».

Un esempio?

«Abbiamo partecipato alla realizzazione del Processo civile telematico e collaboriamo al change management delle organizzazioni giudiziarie italiane, tra i pochi oggi a potersi fregiare di una specializzazione nell’informatica giuridica».

Quando siete arrivati a loro?

«L’azienda era nata da due anni».

E come fecero due studenti a risultare credibili?

«Fu un caso. Ci coinvolse la Datamat, chiamata a mettere in sicurezza il sistema giudiziario dal Millenium Bug».

Brutto affare.

«No, banale. Il sistema non teneva conto del cambio di millennio. Intervenimmo su ogni linea di codice, e già che c’eravamo ottimizzammo il sistema e risolvemmo i problemi più critici».

Come ci siete riusciti?

«Applicando alla Giustizia il nostro approccio industriale. La concorrenza chiedeva ai clienti quale fosse il problema, poi cercava di risolverlo. Noi da sempre cerchiamo di capire come ogni utente utilizza un sistema, ci mettiamo nei suoi panni e lavoriamo per semplificargli la vita».

Entrati in Finmeccanica e ne siete scappati. Per molti è assurdo.

«Ci approdammo perché crescevamo troppo velocemente per le nostre forze. Ne siamo usciti perché da lì non riuscivamo più a muoverci alla nostra velocità: diventando manager abbiamo capito di essere imprenditori».

Nel 2015 è arrivata la prima commessa estera, vinta sfidando i competitor internazionali. Sicuri di aver detto di essere italiani?

«E’ un vantaggio: contrariamente a quanto spesso si sente dire l’Italia una palestra formidabile. Usciti dal nostro Paese, qualsiasi problema per noi è affrontabile».

Marchetti, Yoox, ha fondato un master con la Bologna Business School per formare gli informatici che non trova. Condividete?

«Bologna ha una delle migliori Università italiane, ma il numero dei suoi laureati non soddisfa le richieste del mercato. Per società come la nostra questo fattore è decisamente condizionante oltre che fonte di preoccupazione quotidiana».

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