BOLOGNA, 31 MARZO 2010 -
CHI siete?
«Siamo un network, una comunità di persone che non si fidano più di questi partiti, gente stanca di lamentarsi e basta» risponde. E’ sicuro, preciso, Giovanni Favia, classe 1981. Definirlo il ‘trionfatore’ delle Regionali non è un azzardo. Alla testa del Movimento 5 Stelle, la realtà che raggruppa i seguaci di Beppe Grillo, è entrato in carrozza nel ‘parlamentino’ di viale Aldo Moro, strappando in provincia 9.273 preferenze. Un risultato che va di pari passo con quello della lista: 8,1%. Botto. «Ma sia chiaro — precisa l’ex consigliere comunale — questa non è la lista Favia...».
 

Allora presenti chi le sta dietro.
«Persone che hanno in media tra i 30 e i 35 e tra i 40 e i 45 anni. Molti con figli piccoli. Sono preoccupati per il loro futuro e vogliono fare qualcosa. Studenti, precari, imprenditori. In passato votavano sia a sinistra che a destra. Al centro mettono le informazioni, la conoscenza e non l’ideologia».
 

Una novità?
«Eh sì. Perché con il sapere si riesce a confrontarsi sui progetti concreti, trovando soluzioni. Sfruttando le nuove tecnologie».
 

Diversi dagli altri, quindi?
«Sia il Popolo della libertà, sia il Partito democratico puntano alla stessa cosa: ad accentrare il potere, alle poltrone. Cosa propongono? Sempre le stesse cose, grandi opere da sostenere coi debiti, poi ci ritroviamo con politiche economiche fatte di delocalizzazioni...».
 

Quindi il vostro è unvoto di protesta? «Lo dicono tanti, mi fa sorridere. Ma sanno che non è così. Quando ci fu il primo V-day (l’iniziativa di Grillo in diverse piazze italiane), ci chiamavano demagoghi, in definitiva proponevamo cose semplici: la legalità, fuori dal Parlamento i condannati; il ricambio, no all’elezione per più di due legislature; la partecipazione, il ritorno alla preferenza per eleggere i parlamentari».
 

D’accordo, ma non basta per prendere voti. La vostra forza è anche la rete, il web, lo scambio di opinioni su internet.
«Le nuove tecnologie, ripeto, aiutano. Però è fondamentale la presenza fisica sul territorio, dai banchetti ai volantinaggi. La vita reale è importantissima».
 

Quindi non vi confrontate solo sui forum e sui blog?
«Ma no. I siti servono ad esempio per l’organizzazione. Ogni settimana ci troviamo, in luoghi spesso diversi tra loro. La partecipazione è tutto».
 

Di cosa e come discutete?
«Cerchiamo di organizzarci in diversi modi. Ci può essere il dibattito sulla delibera comunale, ci sono gruppi operativi, c’è chi si dedica a progetti sul territorio».
 

Vi vedono come i nuovi Verdi, dato che puntate sull’ambientalismo. Ora siete movimento, diventare partito, maneggiare il potere, alla lunga può diventare un rischio. O no?
«Noi vogliamo portare una boccata di aria fresca, non si propone il nuovo imitando il vecchio. Siamo solo una rete di persone, con un ricambio continuo».
 

Per portare avanti le idee, dovrete scendere a compromessi.
«E perché? Da noi non c’è chi tratta in segreto. Tutti i consigli comunali ai quali ho partecipato erano in diretta sul web, chiunque poteva vedere cosa facevo. Trasparenza totale».
 

Le battaglie sul Civis o contro il nucleare sono difficili da vincere in solitaria.
«Chi vuole appoggiarci può votare, nei consigli, i nostri progetti. Spesso ci hanno dato contro. E’ successo che qualcuno, però, li ha copiati e riproposti, non importa, basta che le idee vadano avanti».


Entra in Regione come consigliere. I vostri programmi?

«Sarà un rock and roll. Apriremo i cassetti, la trasparenza verrà prima di tutto. Voglio vedere tutte le determine dirigenziali online, la gente deve sapere come vengono spesi i soldi delle tasse».
 

Coinvolgerà la base?
«Certo. Ci sarà un portale internet regionale dove chiunque potrà proporre progetti di legge. Li vaglieremo, li voteremo in assemblea e li presenteremo in Regione».
 

Lei sarà il braccio operativo.
«Sì. Favia è solo uno strumento.
 

Intascherà tutta la indennità?
«I politici sono dipendenti dei cittadini. Io sono un co.co.pro dei miei elettori, un dipendente a progetto. La politica richiede impegno e per questo ho lasciato temporaneamente il mio lavoro. Stilerò un rendiconto mensile, con le spese per affitto, trasporti e via dicendo. Il resto lo destinerò al movimento, per i volantinaggi, iniziative. Comunque noi non siamo dei mestieranti della politica: dopo dieci anni, al massimo, ce ne andiamo a casa».
 

C’è chi vi definisce il primo partito post televisivo.
«Definizione esatta. Meglio movimento post televisivo».