Bologna, 12 gennaio 2011 - La gara per il sindaco si scalda.
«E bisognerebbe mantenersi fedeli subito a un principio. Attenzione al conflitto d’interessi. Chi decide di candidarsi dev’essere libero da coinvolgimenti diretti o indiretti. Io mi sono lanciato, l’altra volta, solo quando non ero più presidente del Bologna. Poi mi sono dimesso anche dal cda di Intermedia, e avevo ‘solo’ una quota del 4 per cento». Alfredo Cazzola, che perse al ballottaggio contro Flavio Delbono e aveva già scelto come vicesindaco Daniele Corticelli, l’ingegnere oggi in pista con ‘Bologna capitale’, ha qualche consiglio «doveroso» da dispensare a chi voglia mettersi in corsa per il Comune.
 

Sta dicendo che se il candidato è un imprenditore deve mollare tutto?
«Dipende, se fa l’imprenditore di moda certo che no. Ma se, invece, ha aziende che hanno un forte coinvolgimento con il pubblico... Questo diventa un grave conflitto d’interessi. Per dire: se fossi il presidente della Manutencoop potrei forse diventare anche sindaco di Bologna? Chiaro che no. Se faccio prodotti alimentari ho una grandissima possibilità di non avere conflitti. Ma se ho aziende che producono per il pubblico...».
 

Magari le lascio ai figli...
Ride: «Non facciamo furbate. Questi escamotage li abbiamo già visti».
 

Ma gli elettori se ne accorgono?
«Eccome! Comunque non c’è solo un problema di sensibilità verso i cittadini. Questo è un ottimo argomento da campagna elettorale per gli avversari politici. Io lo solleverei con grande forza. Aggiungo: sarebbe anche interessante verificare se chi si candida non abbia mai avuto in passato lo stesso appetito, chiamiamolo così».
 

Sta proponendo un’‘analisi del capello’?
«Questo è un aspetto fondamentale. Non è l’unico, però. Un civico che voglia candidarsi a sindaco non deve chiedere permesso a nessuno. Io ho fatto così, non sono stato scelto dal Pdl o dalla Lega, come qualcuno continua a scrivere. Ho preso una decisione personale, ho sostenuto la campagna elettorale con le mie risorse economiche».
 

Oggi il civismo ha contagiato tutti. All’epoca della sua corsa non fu così.
«Mi sono voltato e guardandomi indietro ho visto che non c’era più nessuno degli eserciti che mi avrebbero dovuto appoggiare. Tanti del Pdl dissero: il civismo è morto. Hanno fatto così tutti, dal primo all’ultimo».
 

È il tempo della rivincita?
«Assolutamente no».
 

C’è il spazio perché lei si possa ricandidare?
«Credo che la città abbia bisogno di un candidato che faccia convergere gli interessi di tutti anziché creare fratture. Io provocherei fratture».
 

E chi sarebbe questo nome ecumenico?
«Non c’è».
 

Ci sarà mai?
«Eh... Diciamo così: le operazioni sono state demandate al partito di maggioranza che soprattutto negli ultimi vent’anni non ne ha imbroccata una... Per questo mi aspetto candidati che decidano in proprio, che ci mettano la faccia come ho fatto io, che rischino come ho fatto io e forse stavolta gli andrà fatta bene».
 

Sta descrivendo candidati civici o politici?
«Civici, assolutamente. I partiti non hanno figure carismatiche capaci di affascinare l’elettorato».
 

Il Pd ha Merola.
«Merola chi, il cantante napoletano?».
 

Resta il dubbio: si candida o no?
Ride.
 

Quindi conferma?
«Ma no, sono solo stanco di rispondere a questa domanda».