Bologna, 2 giugno 2013 - «O RIUSCIAMO a fare il vero Pd, o dovremo fare qualcosa altrove». Parole di Sandro Gozi, deputato Pd, prodiano di ferro (è stato stretto consigliere di Romano Prodi alla Commissione europea), venerdì sera al Baraccano. Quell’altrove, cioè fuori dal Pd, conferma i rumors secondo cui l’ala prodiana ulivista del partito si starebbe preparando — se al congresso d’autunno «non si farà una pulizia radicale nel partito», avverte Sandra Zampa, deputata e portavoce dell’ex premier — allo strappo. Tradotto: a fondare un movimento nuovo.

Lo conferma l’europarlamentare Vittorio Prodi. Un movimento che si richiami all’Ulivo? «Per ora, la nostra priorità è cambiare il Pd — afferma il fratello di Romano —. Ma se ciò non sarà possibile, ci sono tutte le possibilità che si possa prendere questa via». «Pretendiamo un Pd radicalmente diverso da quello che c’è», è la precisa rivendicazione politica della Zampa. E il congresso «sarà l’ultima chiamata possibile per rifondare il partito ripartendo dalle fonti originarie» dell’Ulivo. Se la rivoluzione non riuscirà, «se gli Unni che oggi occupano il Pd non se ne andranno — avverte la deputata — prenderò atto che questo non sarà più il mio partito. Nella vita ci sono altre possibilità».

L’ex ministro Giulio Santagata, altro prodiano doc, di fatto sembra già altrove. «Dopo 18 anni di tradimenti reciproci penso di avere sbagliato moglie», ha detto venerdì sera al Baraccano. Definendosi, più tardi, «un ex ministro, un ex di tutto». E Romano Prodi, dettaglio non secondario, non ha rinnovato la tessera del Pd.
«Le abbiamo viste tutte, siamo al momento di dire adesso basta», afferma la Zampa. Che ancora aspetta di sapere chi sono i «101 traditori» che dai banchi del Pd hanno affossato la candidatura di Romano Prodi alla presidenza della Repubblica. «Hanno fatto fuori il padre fondatore del loro stesso partito perché non si sono mai riconosciuti in quel progetto», commenta la prodiana. E, dice Santagata, «sono gli interpreti più puri della linea di un partito che ha lavorato per arrivare fino a quel punto».

Se il movimento ulivista dovesse nascere dopo il congresso, e le elezioni politiche si tenessero a maggio, ci sarebbero sei-sette mesi di tempo per una campagna elettorale il cui solo pensiero toglie il sonno ai vertici del Pd. Specie se Romano Prodi dovesse decidere di metterci la faccia.

di Luca Orsi