Bologna, Merola: "Troppi spazi vuoti. Ora i soldi li abbiamo, fuori le idee"

L'intervista di Ferragosto al sindaco: "Una mappa già a settembre. I fondi sono tanti: 40 milioni europei, più 18 delle periferie e 110 del Cipe"

Virginio Merola (foto Schicchi)

Virginio Merola (foto Schicchi)

Bologna, 15 agosto 2017 - Partiamo dalla fine. Virginio Merola, al termine del tradizionale colloquio di Ferragosto tra il sindaco e il Carlino, ha uno slogan in mente: «Bologna non sarà una città perfetta, ma di sicuro è un’edizione limitata di cui possiamo essere orgogliosi».

Orgoglio: perché? «Bologna è una città vivace, attiva, ormai uscita dai ritardi e dall’immobilismo di 20 anni. Grazie al secondo turno posso raccogliere quanto seminato, vedo un’ottima prospettiva».

Facciamo un bilancio di questo inizio di mandato. «La città è ai primi posti per occupazione, servizi sociali, export, scuola. Vedo una città illuminata meglio, dove la raccolta differenziata va avanti, vedo il People Mover che sta arrivando e l’aeroporto che si conferma al top. Stiamo andando avanti con una politica di bilancio saggia, riducendo ulteriormente il debito, aumentando gli investimenti e riducendo l’addizionale Irpef».

Dal punto di vista fiscale continuerà su questa linea? «La scelta di fondo è ridurre le tasse tenendo conto del principio di progressività: chi ha meno deve pagare di meno o non pagare. Non sono d’accordo invece nel ridurle a tutti: non ho ancora mandato giù che tutti siano stati esentati dal pagamento dell’imposta sulla prima casa; siamo in una situazione dove servono investimenti e occorre aiutare le imprese e i più deboli. Io, come tanti altri, perché devo essere esentato dal pagamento dell’Imu?».

Ci sarà però qualcosa che non funziona a Bologna. Cosa manca? «Non mancano i soldi, ma dobbiamo promuovere una partecipazione rinnovata e adeguata. Mi spiego meglio: abbiamo portato a casa 40 milioni di fondi europei più 18 del bando periferie, oltre allo stanziamento del Cipe da 110 milioni. Questi soldi son tanti, tantissimi, e non li useremo indiscriminatamente, non caleremo decisioni dall’alto. Li discuteremo quartiere per quartiere. Posso annunciare che a settembre presenteremo una mappa degli spazi e da questa partiremo».

Cosa significa? «Quanti sono in città gli spazi sia pubblici (soprattutto) sia privati vuoti? Quali possiamo riqualificare? E come? Vogliamo offrire un grande tema di discussione: i soldi li abbiamo, ora fuori le idee. Lavoriamo insieme con le idee dei singoli individui, facciamo squadra, abbiamo un serbatoio enorme. Avremo, in questo modo, degli spazi da dare in gestione in base a idee di utilità e interesse generale. La strada è quella delle Serre o del Mercato Sonato in San Donato. Partire dagli spazi significa partecipazione non tanto per essere consultati, ma per dire: ‘Cosa posso fare io per questa città? Come posso mettermi alla prova?’».

E’ inevitabile pensare a Làbas e all’offerta della Staveco. Non le pare un controsenso? «No, da tempo seguendo il modello di alcune città europee lavoriamo sull’uso temporaneo delle aree dismesse. Io sono per il rispetto della legalità, sempre: se qualcuno occupa, non può pretendere il sostegno comune. Risolto questo problema, sono anche per includere, non per trasformare tutto in ordine pubblico. Da Làbas sono uscite delle buone idee. A questi giovani dico: ‘Vi diamo una possibilità’. Ma questo non vuol dire che le diamo o daremo solo a loro, o addirittura che chi occupa ha diritto a dei premi. Vuol dire, chiarito l’aspetto della legalità, che possiamo uscire dalla logica dello scontro e delle contrapposizioni. La Staveco sarebbe una situazione temporanea: intanto perché lì è necessaria una ristrutturazione e poi ci saranno altri lavori. Se l’attività si dimostrasse meritevole ci potrebbero essere gli indici per rimanere. E ci sono spazi per tutti. Alla Staveco io avevo lavorato per portare l’università, ma l’Alma Mater ha preferito un’altra strada, quindi se il Ministero dirà che ci mette i soldi (aspetto che viene sempre trascurato) si può ragionare dell’ipotesi della citta della giudiziaria, nessuna preclusione».

Resta l’Xm24. «Ripeto: lì il contratto è scaduto, dobbiamo tornare ad avere l’immobile, punto. Se si aprono al confronto siamo disponibili ad assegnargli un altro spazio».

La seconda metà del 2017 segnerà anche l’avvio dei lavori del Passante. «Faremo di tutto per garantire che i cantieri siano veloci e regolari: ci saranno punti informativi per segnalare disagi o il mancato rispetto degli accordi e degli orari, abbiamo già avuto l’esperienza dell’Alta Velocità. Io però penso alla prospettiva, che ho pagato anche in termini di consenso elettorale. Fra 10 anni vedremo che il Passante va bene, ci sarà un incremento delle auto elettriche e avremo pure il bosco a ridosso. Poi bisogna incrementare il Servizio Ferroviario metropolitano».

In questo secondo mandato ha spesso fatto scelte controcorrente. E’ stato duro, sfuggente, lontano, distante. Politicamente sembra più libero rispetto ai primi cinque anni. Come mai? «Posso rispondere così. Se vuoi fare il sindaco, devi farlo in modo indipendente: io sono del Pd e sono contento di esserci, ma per me conta attuare il programma che ho proposto e sono determinato ad andare avanti. Mi sono trovato al secondo turno grazie ai cittadini, sono determinato a non subire condizionamenti eccessivi sulle scelte di fondo».

Un altro nodo è il rapporto con i cittadini. I martedì del cittadino non sono andati bene, è stato accusato di non essere fra la gente. Come la mettiamo? «Ho scoperto una cosa, che pare banale: se vado in giro, il rapporto ce l’ho. E’ molto importante darsi da fare e io continuerò così. Poi è chiaro che in una città così numerosa, con un calendario fitto, io ricevo qualche volta, gli assessori spesso, ma non ce la faremo mai a sentire tutti. Si può però usare un criterio più selettivo, ad esempio andare dove ci sono i problemi per cogliere le questioni al nocciolo. Questo ho intenzione di farlo».

Ora si apre il congresso del Pd, lei ha chiesto un partito vicino ai cittadini. «Infatti. Il Pd di Bologna dimostri di essere utile alla città, di occuparsi meno di posti e incarichi e di più di stare in mezzo alle persone; c’è posto per le proposte di tutti e io valuterò le candidature secondo questo punto di vista. Ci sono questioni da far tremare i polsi, ma anche appassionanti. Ad esempio, sulla questione dei migranti il dibattito oggi è se aiutarli là o accoglierli qua: è una discussione che non mette a fuoco il problema perché le due cose stanno per forza insieme e il punto, quindi, è governare questo processo. Un partito di sinistra come il Pd deve avere una posizione chiara e portarla avanti tenendo fermi i propri valori, considerando sempre l’interesse generale e il pragmatismo necessario per risolvere i problemi. In questo senso penso che si debba fare di tutto per approvare lo ius soli e per dare a tutti i giovani la cittadinanza di cui hanno diritto».

Non mi pare ci sia molta chiarezza. «Bisogna insistere su una direzione, senza equivoci. Bologna, ad esempio, se non accogliesse, rinnegherebbe il proprio passato. La città è stata fatta di accoglienza, molti meridionali hanno preso la residenza qui. Accogliere però significa governare i flussi: noi diamo una bella dimostrazione, su 55 Comuni della città metropolitana, solo tre in tutto hanno detto che non sono disponibili a prendere una quota di migranti».

La pressione su Bologna però resta particolarmente alta. Non le sembra un tributo troppo pesante? «La Prefettura chiede un altro hub per minori: si può sicuramente ragionare. Spero però che Palazzo Caprara mantenga la posizione ottima di Matteo Piantedosi quando dice che Bologna sta facendo molto di più di quello che è previsto dalle regole. Ecco perché la Prefettura e lo Stato individueranno un’altra area in Romagna per un hub e verrà lanciato il centro per il rimpatrio a Modena. Poi aggiungo una cosa: tutto questo dibattito sull’accoglienza o meno, non tiene conto del fatto che i richiedenti asilo sono già qua. Sarebbe bello, insieme alla Regione, ragionare su modalità di inserimento in lavori utili alla luce del sole per i ragazzi cui viene dato il diritto d’asilo. Molti sennò sono costretti a delinquere per sopravvivere».

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