Premio Mascagni, Nigelli e l’arte di far scatole

A Sasso Marconi, dove nascono i ‘vestiti’ per ogni merce. "Il trucco è la cura dei dettagli" VIDEO

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Sasso Marconi (Boogna), 26 luglio 2016 - Il bello di cominciare presto, dice la saggezza popolare, è che si finisce presto. Pensiero sposato appieno da Gian Carlo Nigelli, 66 anni, amministratore della Nigelli Imballaggi di Sasso Marconi (VIDEO): a 11 anni iniziò a darsi da fare nei campi. Durante la scuola di avviamento lavorava nel commercio di sementi. A 27 anni, già veterano del settore, decise di cambiare. Fondò così uno scatolificio e andò avanti fino a 41 anni. Quindi, dopo 30 anni di onorata carriera, stabilì che era giunto il momento di godersi la pensione.

Nigelli, quanto è durato?

«Sei mesi».

Non si riesce a star fermi.

«Mi hanno convinto degli amici. E hanno trovato terreno fertile: a casa mi annoiavo. In pochi mesi avevo già fondato tre società. Con una di queste importavamo la zeolite da Cuba, un minerale straordinario, in grado di assorbire l’azoto in eccesso».

Stava andando fuori tema: l’hanno riportata a fare scatole.

«Ma io non volevo dimostrare nulla, e soprattutto non avevo alcun desiderio di rivalsa sui miei ex soci. Poi mi hanno convinto del fatto che 15 anni di esperienza nel settore alle spalle non si potessero buttar via. Così è nata la Nigelli imballaggi, basandosi però su un’idea diversa dalla precedente: avremmo realizzato imballaggi giganti, quelli che il mercato bolognese non riusciva a produrre».

Scatole quanto grandi?

«Cinque metri e cinquanta per due e cinquanta. È la nostra misura più grande».

Una stanza di cartone.

«Un privato, di cui non le dirò il nome, in effetti una volta ci contattò per imballare casa sua, stanza per stanza, pianoforte e armadi compresi, e trasferirla all’estero. Ovvio, realizziamo anche imballi molto più piccoli».

Il settore è dominato da giganti multinazionali. Perché scegliere voi?

«Perché non facciamo scatole di cartone, ma progetti di imballaggio».

Fuori di slogan?

«Vede, competere sulle quantità o sulla velocità di scatole prodotte ogni ora, per noi sarebbe inutile. Preferiamo lavorare su altro: realizziamo anche soltanto 50 scatole, se serve al cliente. Ma partiamo dal prodotto da imballare e lo ‘vestiamo’ di cartone ondulato su misura, consapevoli che il vestito che gli faremo servirà a portarlo sano e salvo dalla linea di montaggio fino al cliente, che magari sta dall’altra parte del mondo».

Come prevedere le insidie del viaggio?

«Ma noi non le prevediamo, semplicemente in fase di collaudo affidiamo il nostro prototipo a un corriere, gli facciamo fare un giro del mondo, poi ce lo facciamo riportare, e ne analizziamo i punti deboli».

La crisi vi ha toccati?

«Ha toccato molti nostri clienti e fornitori. E molti ne abbiamo aiutati noi, dando loro fiducia quando le banche avevano smesso di dargliene. Lo abbiamo fatto anche con dei nostri potenziali concorrenti. Ma, vede, un sistema industriale è sano se sa creare ponti tra le aziende, se dietro alle fatture e alle bolle di consegna sa trovare le persone. Altrimenti che senso ha?».