Premio Mascagni, "Non chiamatele solo scatole, sono zeppe di innovazione" / VIDEO

Giorgio Bellucci e i progetti dello Scatolificio Porrettana

Da sinistra, Marco, Giorgio (legale rappresentante) e Andrea Bellucci

Da sinistra, Marco, Giorgio (legale rappresentante) e Andrea Bellucci

Bologna, 4 aprile 2017 - C’è chi fabbrica un prodotto, chi le scatole per contenerlo. La sfida è su chi dei due usi più innovazione, e il risultato non è per nulla scontato. Basta fare un giro a Sasso Marconi, dove sorge lo Scatolificio Porrettana. A fondarlo fu nel 1964 Sergio Rocca, invalido di guerra, cieco e senza un braccio: fu il primo produttore (e innovatore) delle scatole di cartone, pur senza vederle.

Giorgio Bellucci, legale rappresentante: la svolta industriale avvenne con l’avvento della sua famiglia, nel 1978.

«Quell’anno mio padre Franco entrò nello stabilimento come socio, contemporaneamente al primo trasferimento di sede, che coincise con un’impostazione più industriale. Poi, alla scomparsa del fondatore, ne rilevò la proprietà. Oggi ci siamo noi tre figli, ma la terza generazione è già in azienda».

Come si innova una scatola?

«Ci impegniamo a rispondere ogni giorno alle richieste dei clienti, e a risolvere i loro problemi con ingegno».

Qualche esempio sarebbe utile.

«Per molti clienti i bancali in legno su cui trasportare le scatole erano un inutile costo di smaltimento. Ci hanno chiesto un’alternativa ed è nato Bandiago: un bancale auto-montante, fatto di solo cartone».

Avrà però i punti in metallo...

«Neanche uno. E neppure colla: un pezzo unico totalmente in cartone, ma resistente al peso quanto un bancale in legno, e totalmente riciclabile».

Il cliente ha apprezzato?

«Moltissimo. Ma ci sono casi in cui non è solo il cliente ad apprezzare».

Chi altri?

«Ci avevano chiesto una scatola senza parti in legno e imbottiture di polistirolo. Non era facile, ma ci abbiamo lavorato, prototipo dopo prototipo. Ne è nato un modello che, oltre a soddisfare il cliente, è stato premiato da Conai (il consorzio nazionale imballaggi) per la sostenibilità ambientale».

Chi sono i vostri clienti?

«Chi realizza imballaggi deve stare il più vicino possibile ai propri clienti. Ragion per cui il nostro raggio d’azione coincide con la provincia di Bologna e quelle di Modena, Ferrara e Ravenna, anche se non di rado ci capita di servire aziende del Sud o estere».

Cosa imballate per loro?

«Di tutto, con una buona percentuale di aziende meccaniche dell’Appennino, poi quelle vinicole, alimentari, chimiche... non c’è un limite: tutte le merci hanno bisogno di scatole».

E chi realizza pochi pezzi?

«Serviamo anche loro: la nostra gamma va dalle poche centinaia alle decine di migliaia, e dal piccolo imballaggio fustellato mono-onda alle scatole a tre strati di onde per la meccanica».

La marcia in più?

«Siamo stati tra i primi, negli anni ’70, a offrire la personalizzazione dei cartoni. Dagli anni Duemila, poi, siamo in grado di stampare in proprio direttamente sulle scatole e non solo nomi e codici, ma anche elementi grafici complessi, consapevoli che oggi più che mai un imballaggio rappresenta per le aziende un primo biglietto da visita».

Il futuro degli imballaggi?

«È senza dubbio orientato al green. E per farlo serve più innovazione»