Bologna, 29 agosto 2012 - Sono rimasti al loro posto di lavoro i tre operatori della cooperativa Dolce che sono stati iscritti nel registro degli indagati (a loro tutela) per il decesso del 20 con problemi psichici morto lunedì sera nella casa protetta “Casa Dolce” di Casalecchio di Reno, in provincia di Bologna, dopo aver avuto una crisi di ira ed essere stato immobilizzato da loro.

 

Pietro Segata, il presidente della cooperativa Dolce, spiega che gli operatori non sono stati sospesi e che oggi sono rimasti al loro posto di lavoro (dove ieri hanno fatto capolino diversi giornalisti). Sono preoccupati? “è chiaro che non fa piacere a nessuno essere indagati, ma non sono troppo preoccupati, sanno che il pm di fronte a casi di questo genere deve fugare ogni dubbio. E io sono sempre più convinto che le cose si siano svolte regolarmente- afferma Segata- ho riverificato alcuni passaggi, in particolare quelli relativi al contenimento: il ragazzo è stato trattenuto solo con le mani e gli operatori si sono comportati in modo corretto”.

 

Segata si ripromette di avere contatti con la nonna del ragazzo al più presto (era lei la figura di riferimento per la casa protetta), spiega che ha pero’ intenzione di aspettare l’autopsia, che dovrebbe svolgersi domani. “Solo l’autopsia potrà chiarire cosa è successo. Anche io sono molto curioso di sapere la causa di quello che è accaduto”. Allo stato, Segata si limita a farsi alcune domande. A partire dal fatto che la giornata con la madre (e sopratutto l’aver incontrato per la prima volta la sorella di sette-otto anni) potrebbe aver avuto un peso sullo stato d’animo del ragazzo. “Sul decesso certamente no, ma forse con la crisi potrebbe esserci un qualche nesso di causalità”, dice Segata, specificando a più riprese che si tratta solo di ipotesi.

 

Allo stesso modo, prosegue facendo supposizioni il presidente della coop Dolce, il 20enne potrebbe non aver assunto i farmaci che prendeva quotidianamente. “Erano tre giorni che non era affidato a noi. Era stato dalla nonna nel weekend e poi lunedi’ con la madre. Non possiamo escludere che la crisi non sia dipesa dal fatto che non avesse assunto i farmaci e per questo fosse più nervoso del solito. Comunque non si puo’ dire nulla sono solo ipotesi- ribadisce Segata- aspettiamo l’esito dell’autopsia”.

 

Le terapie che il ragazzo prendeva ordinariamente (stabilite dal Dipartimento di salute mentale che lo aveva in cura da molti anni), spiega Segata, in parte erano cure che il 20enne faceva da molto tempo, ancor prima che entrasse alla Casa Dolce. Insomma, la nonna e la madre erano certamente a conoscenza dei farmaci che il 20enne doveva prendere. Quanto all’incontro con la sorellastra più piccola (una bambina avuta dalla madre in un successivo matrimonio), era un evento che era stato deciso e programmato dalla famiglia. Agli operatori della casa protetta lo aveva detto la nonna.

 

I tre operatori indagati (sono quelli che materialmente hanno immobilizzato il ragazzo al momento della crisi) sono difesi dall’avvocato Marco Capucci. “La cooperativa sta affrontando la situazione come un problema della cooperativa, non dei tre singoli soci, non saranno lasciati soli in alcun modo”, assicura Carla Ferrero, vicepresidente della Dolce e responsabile dei servizi. L’udienza per il conferimento dell’autopsia (che sarà eseguita dal medico legale Chiara Mazzacori) si terrà domani in Procura alle 13.30. Gli operatori nomineranno un proprio perito. 

 

Fonte Dire