Bologna, 9 novembre 2013 - E’ DIVENTATO il pozzo delle meraviglie. Un giorno dopo l’altro sono venuti a galla oggetti antichi e preziosi, mandando così in estasi gli archeologi che stavano scavando per arrivare alla fine del pozzo della villa romana — 2.100 metri quadrati, risalente alla seconda metà del I secolo avanti Cristo — di Sant’Agata (le immagini). «Alla fine dei lavori il pozzo si è rivelato profondo 10,7 metri (ad agosto si era arrivati a sei, ndr) — spiega Tiziano Trocchi, funzionario della Soprintendenza regionale —. Fino a sette metri non abbiamo trovato nulla, poi verso gli otto sono apparsi oggetti meravigliosi, tra cui una quarantina di vasi in ceramica e quattro vasi (pentole e brocche, ndr) di bronzo e rame, tutti perfettamente intatti».
 

 

Gli studi preliminari hanno consentito di stabilire che il pozzo fosse un deposito di materiali di uso quotidiano e oggetti di valore. «Probabilmente gli abitanti della villa hanno depositato volontariamente questi reperti — prosegue Trocchi —, per preservarli da eventi traumatici. Indicativamente siamo tra il VI e VII sec. d.C., così si può pensare alla Guerra Gotica tra Impero bizantino e Ostrogoti in Età Longobarda. Il territorio era in subbuglio e, avendo trovato strati di fogliame tra il vasellame, pare logico che questi oggetti venissero considerati importanti a tal punto da conservarli». La villa è stata attiva, con la sua parte rustica e quella produttiva, fino al III sec. d.C. e infatti sono stati trovati anche pettini, cucchiai, coltelli e altri beni (104 reperti in tutto). Ma aver portato alla luce un pozzo deposito, usato dal I sec. a.C. fino al VII d.C., all’interno del suo contesto ambientale è il primo caso tra Bologna e Modena. «Un aspetto che stupisce è aver trovato una brocca di bronzo rattoppata diverse volte — analizza Trocchi —: non potevano buttarla e si capisce che erano periodi duri dal fatto che è stato conservato anche vasellame in ceramica».
 

 

A spiegare l’importanza sul piano storico della scoperta, ci pensa il sindaco di Sant’Agata, Daniela Occhiali: «Si tratta di un tesoro che nessuno pensava fosse lì. Man mano che andavamo avanti quel pozzo diventava un oggetto del desiderio e ci ha regalato forti emozioni. A un certo punto con la Soprintendenza, il Museo Archeologico Ambientale e la Partecipanza abbiamo dovuto cambiare strategia: trovare finanziamenti e mezzi nuovi. I costi sono lievitati: solo per il pozzo hanno raggiunto i 30mila euro, ma rifarei tutto. Vogliamo che tutti i resti archeologici trovati rimangano qua».

di Alessandro Belardetti