Castiglione dei Pepoli (Bologna), 14 dicembre 2013 - I SINDACI della Direttissima, sull’Appennino tosco-emiliano, vogliono riaprire la stazione ferroviaria di Precedenze (foto). Unica al mondo, all’epoca, in fondo a 1.863 gradini di pietra (il numero più attendibile, nessuno è mai riuscito a contare fino in fondo senza sbagliarsi). A metà della grande galleria ferroviaria che nel ’34 abbatté ogni record — 18 chilometri e mezzo, doppio binario — e unì il Paese.

UN PEZZO di storia d’Italia, passata anche dalle stragi terroristiche. Precedenze, inaugurata nel ’34, rimase in funzione fino alla metà degli anni Sessanta. I Comuni hanno incontrato gli assessori regionali e hanno spiegato il progetto. Immaginano una stazione turistica tra due città d’arte, Bologna e Firenze. L’aggancio, gli 80 anni della Direttissima, ad aprile. Alfredo Peri, che governa i trasporti in Emilia Romagna, ci sta: «Studiamo il progetto».

LE FERROVIE, padrone di casa, per esprimersi aspettano di vedere le carte. Chiaro che non si potranno mandare i futuri turisti a piedi su e giù per i gradini. «Se c’era un ascensore negli anni Venti si può trovare il sistema anche ora. Non è una pazzia», ragiona Daniela Aureli, sindaco di Castiglione dei Pepoli, nel Bolognese. Lo spazio c’è. Sulla Direttissima, sgravata dall’Alta velocità, oggi viaggiano al massimo 130 treni al giorno (50-60 nei festivi). Paolo Cecconi, sindaco di Vernio, la stazione toscana subito fuori dalla grande galleria dell’Appennino, condivide l’ottimismo della collega emiliana e prova a dare una forma all’idea. «Stiamo preparando l’anniversario degli ottant’anni — spiega —. Ci piacerebbe coinvolgere le università sul progetto di Precedenze». Che, come dice il nome, era nata per mandare avanti i treni più veloci e far aspettare gli altri. Peri annota: «Studiamo la soluzione. Siamo assolutamente disponibili a collaborare. Con i fondi europei si potrebbe rimettere in funzione la stazione. Poi bisogna pensare a un sistema tipo ascensore. Di quello dovranno occuparsi in tanti, a partire dalle ferrovie».

IN UNA VECCHIA foto del 62 ecco i pendolari di Castiglione affrontare a piedi la scalata a fine giornata, per tornare a casa. Sfiniti dalla fatica? Macché. Le donne incredibilmente con i tacchi, gonne bianche e capelli cotonati; gli uomini con la borsa da lavoro. Un’ora per arrivare in cima (o in fondo). Pronti a ripartire la mattina dopo. Il pozzo sbuca a Ca’ di Landino, dov’era l’antico borgo dei minatori. Oggi ci vivono poche famiglie, in mezzo a tante rovine. Provano a difendersi dagli «acchiappanuvole» — il copyright è di un montanaro saggio — e si sono dati una mossa da soli. La spinta di due donne ha fatto un mezzo miracolo. La chiesa di Santa Barbara, patrona di chi scavò la montagna, è stata restaurata in due mesi.

Sonia Bacchetti e Maria Poli con Antonio Ciavarella hanno aperto un’associazione e comprato l’oratorio dal consorzio che è arrivato qui nel 2000. Sonia è un’entusiasta: «Apriremo volentieri la chiesa a chi vorrà sposarsi o celebrare battesimi». E ora la gente pensa già al prossimo cantiere. A Spianamento, stavolta, l’altro villaggio dei minatori. Devoto a quella storia e a Santa Barbara, festeggiata ogni anno con processione e falò. Si vorrebbe recuperare come centro civico la vecchia scuola elementare, aperta fino all’86 e oggi ridotta a un rudere. La politica aveva già fatto promesse. I montanari non desistono.

Rita Bartolomei