Proprietà e voto di povertà: religiosi tra canoni ecclesiastici e diritto civile

Rispondono i notai del Collegio di Bologna

Il notaio risponde

Il notaio risponde

Bologna, 13 settembre 2014 - Può una suora, per il diritto civile, disporre liberamente dei beni ricevuti in eredità dopo la professione perpetua? Il diritto canonico, canone 668 dice: ‘Il professo che per la natura dell’istituto ha compiuto la rinuncia radicale ai suoi beni perde la capacità di acquistare e di possedere I beni che ricevesse dopo tale rinuncia vanno all’istituto, a norma del diritto proprio’. Dove e come si incrociano questi dettami del diritto canonico con il diritto civile? Se una suora si presenta dal notaio come parte venditrice di un immobile ricevuto dopo la professione perpetua, per successione legittima, può liberamente contrarre oppure no, e che tipo di documentazione deve produrre?

Lo Stato italiano e il Vaticano sono ordinamenti sovrani, autonomi e indipendenti, regolati da proprie norme. Il diritto canonico è costituito dall’insieme delle norme giuridiche emesse dalla Chiesa cattolica e si applica all’interno dello Stato della Città del Vaticano. I rapporti tra Stato e Chiesa, attualmente sono regolati dalla l. 121/1985 che apporta modificazioni al vecchio Concordato lateranense del 1929. Le norme del diritto canonico non valgono automaticamente per lo Stato italiano e ciò deriva dall’indipendenza tra Stato e Chiesa. Secondo il diritto canonico, il religioso che ha fatto voto di povertà deve spogliarsi di tutti i suoi beni presenti e i contratti che il religioso dovesse successivamente fare sarebbero contrari a detto voto: violerebbero il diritto canonico. Tale divieto di possedere i beni, tuttavia, non è richiamato dal nostro Stato e, pertanto, la vendita di un bene ereditario che il religioso dovesse richiedere al notaio sarebbe valida, non essendo richiesta al notaio una particolare attività di indagine ai fini del diritto italiano. Il religioso, per non violare il diritto canonico, tuttavia può richiedere al proprio superiore una autorizzazione per compiere il contratto che ha intenzione di stipulare. Nel caso concreto, pertanto, il religioso potrebbe recarsi dal notaio con l’autorizzazione del proprio superiore (rilevante per il diritto canonico) per rinunciare all’eredità, o per donare il bene ricevuto in eredità (eventualmente ai coeredi) o per venderlo devolvendo ad esempio il prezzo ricevuto al proprio istituto o a fini benefici.

Per i quesiti scrivere a: consigliobologna@notariato.it

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