Bologna, 31 luglio 2010. «QUANDO ci hanno spiegato cosa avrebbero fatto sul cuore di nostra figlia, stentavamo a credere che in medicina esistessero delle attrezzature del genere. Ci sono posti nella nostra Italia che tracimano di merito...». Giovanni Giovanelli vive a San Felice sul Panaro, in provincia di Modena, con la moglie Daniela Gualandi e due bambini. È il papà di Gaia Claudia. «Se nostra figlia sta bene — racconta Giovanni — e potrà avere una vita normale come tutti i bambini della sua età è solo grazie a quello che hanno fatto i medici e tutto il personale del Sant’Orsola. Sono stati per mesi, giorno e notte, vicino a mia figlia e sono convinto che se lei oggi è viva è perché loro ci hanno messo molto di più della professionalità medica».

L’incubo per Giovanni e Daniela è iniziato quattro o cinque giorni dopo il parto. «Mia moglie era stata dimessa dall’ospedale di Modena — spiega —, ma un giorno le viene la febbre e come a lei anche alla bimba. Non era molto alta, tra 36 e mezzo e 37, comunque ci ha fatto preoccupare e siamo tornati in ospedale per un controllo. Se avessimo aspettato, credo che per nostra figlia sarebbe stato fatale». In piena notte Gaia Claudia viene trasferita al Sant’Orsola.

«Abbiamo vissuto tre giorni in cui non riuscivamo a capire nulla: sapevamo solo che la situazione era grave». Poi l’intervento. «I medici — prosegue — ci hanno spiegato passo dopo posso cosa stava accadendo. Ma praticamente non ci avevano dato speranze. Parlavamo con loro mattina e pomeriggio e quando Gaia era in terapia intensiva ce la facevano vedere una mezz’oretta, a volte un’ora. Nei reparti in cui nostra figlia è stata ricoverata, c’è una grande attenzione verso le famiglie che aiuta a comprendere dove si è e cosa sta succedende».

IN QUEI giorni interminabili è maturata una convinzione nella mente dei due genitori. Così hanno scritto una lunga lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per chiedere di conferire un riconoscimento ai medici, agli infermieri e a tutto il personale ausiliario dei reparti di Cardiologia pediatrica, Cardiochirurgia pediatrica e Anestesia e rianimazione. «Abbiamo deciso di scrivere — si legge nella lettera — per sottolineare l’eccellenza dilagante in questi reparti. Eccellenza che si respira al primo tremendo impatto con un mondo sconosciuto o forse volutamente da tutti ignorato...».

Le onorificenze del Presidente della Repubblica sono state già conferite al dottor Guido Frascaroli (direttore unità operativa Anestesia e rianimazione in cardiochirurgia), a Cristina Mazzari (caposala di Cardiologia e Cardiochirurgia pediatrica) e arriveranno anche ai professori Gaetano Gargiulo (direttore Cardiochirurgia pediatrica e dell’età evolutiva) e Fernando Picchio (direttore Cardiologia pediatrica e dell’età evolutiva) e a Marco Marseglia (caposala di Rianimazione e terapia intensiva).«È arrivata qui in uno stato di scompenso cardiaco grave — spiega il professor Fernando Maria Picchio, direttore dell’unità operativa di Cardiologia pediatrica e dell’età evolutiva —. Dagli accertamenti, abbiamo identificato una malattia del muscolo cardiaco. La diagnosi è stata ‘miocardite fulminante’: un’infiammazione acuta del muscolo cardiaco che piano piano non ce la fa più. Sono malattie molto rare nei neonati e la bimba, in quelle condizioni, non avrebbe potuto vivere a lungo».

I MEDICI 

Il cuore di Gaia Claudia non ce l’avrebbe fatta. Sarebbe morta nel giro di poco tempo. Questione di giorni. «Abbiamo messo in opera tutte le possibilità farmacologiche — aggiunge il professor Picchio —, ma ci siamo resi conto che non sarebbe stato sufficiente. Il muscolo cardiaco non spingeva più il sangue in modo adeguato nel corpo della bimba. In quelle condizioni, anche trasportarla diventava molto pericoloso. In questi casi, infatti, la letteratura porta ad una mortalità al 100% salvo situazioni in cui, nella sede dove si trova il paziente, ci sono organizzazioni e strumentazioni che consentono di applicare l’assistenza circolatoria meccanica». Al Sant’Orsola è stato possibile.

I farmaci non funzionavano. «La sua situazione — prosegue il professor Picchio — non faceva che peggiorare». E’ un po’ come avere un’infiammazione ad una gamba. «Per farla passare — spiega il professor Gaetano Gargiulo, direttore dell’unità operativa di Cardiochirurgia pediatrica e dell’età evolutiva — bisogna stare a riposo, ma con il cuore non si può fare lo stesso».

IL 21 AGOSTO, il professor Gargiulo, con la sua equipe collega il cuore di Gaia Claudia ad una macchina. La tecnica si chiama Ecmo (Extra Corporeal Membrane Oxygenation). Permette di mantenere cuore e o polmoni a riposo, durante il loro recupero funzionale. La macchina sopperisce alla funzione cardiaca. Gaia Claudia, con i suoi tre chili e mezzo e tanta voglia di vivere, è rimasta sotto i ferri per tre 3 ore e 15 minuti. 

A dicembre è stata dimessa. Adesso torna al Sant’Orsola per i controlli. Sempre meno frequenti. Con la mamma e il papà passa davanti alla stanza dei medici e che le hanno salvato la vita. Si affaccia e il suo sorriso per loro è il regalo più grande.