Bologna, 10 aprile 2012 - Trasformare lo smartphone in un valido strumento medico, non solo per monitorare i movimenti del corpo umano e misurare il rischio di cadute, ma persino riconoscere i primi segnali del morbo di Parkinson. A sviluppare l’idea è un gruppo di ricercatori dell’Alma Mater di Bologna, che ha creato un software ad hoc e condotto un esperimento su una cinquantina di pazienti, confrontando lo smartphone con un apparecchio medico. I risultati sono stati pubblicati da poco sulla rivista scientifica internazionale “Gait and Posture”. Si tratta di test molto semplici, come quello chiamato “Timed up and go”. Di fatto è una passeggiata: si parte da seduti, si raggiunge un punto a distanza di qualche metro e si torna indietro a sedere, il tutto nel minor tempo possibile.


Grazie a un accelerometro, spiega il gruppo di ricercatori in una nota, si può misurare “il tempo che un anziano impiega ad alzarsi in piedi o mettersi seduto e anche la forza con cui lo fa; la velocità con cui cammina, la cadenza dei passi, la rapidità con cui si volta, eventuali sbilanciamenti a destra o a sinistra e persino la fluidità complessiva del movimento”. Tutti parametri che, interpretati insieme, “possono predire il rischio di caduta, riconoscere i primi sintomi di Parkinson e distinguere gli anziani ancora in forma da quelli con qualche acciacco”. Test di questo tipo sono pero’ legati ad apparecchi molto costosi (2-3.000 euro). L’obiettivo del progetto era appunto trovare “tecnologie low-cost da poter impiegare in modo semplice e capillare per identificare e, se possibile, contenere i problemi di equilibrio e mobilità comuni negli anziani”, spiega Lorenzo Chiari, 43 anni, bioingegnere e coordinatore del gruppo.

Lo strumento migliore per sostituire macchinari complessi e costosi, alla fine, è risultato essere quello già in tasca. Lo smartphone, con un’applicazione creata per l’occasione, è stato applicato alla schiena del paziente insieme all’apparecchio medico standard. I dati dei due apparecchi sono risultati “praticamente sovrapponibili e le discrepanze trascurabili - riferisce Chiari - l’accelerometro dello smartphone fa un lavoro egregio e a nostro giudizio può essere davvero usato in questo tipo di test. Ma l’impiego potrebbe essere esteso anche ad altri tipi di esame. Proprio in questi giorni stiamo discutendo con fisioterapisti interessati a monitorare l’effetto dei loro trattamenti. Allo stesso modo si potrebbe valutare l’efficacia di terapie chirurgiche o farmacologiche volte a migliorare la mobilità”.


I comuni smartphone, spiega Sabato Mellone, 32enne ingegnere elettronico e coautore dello studio, sono già dotati di accelerometri e giroscopi, ovvero sensori in grado di misurare il movimento rettilineo e di rotazione. Ad esempio, “servono a raddrizzare l’immagine sullo schermo quando ruotiamo il telefonino e a controllare i giochi- sottolinea il ricercatore- ma il bello è che sono gli stessi sensori impiegati in alcuni dei più diffusi test diagnostici sull’abilita’ a camminare e stare in piedi degli anziani”. Il tradizionale test col cronometro, affermano i ricercatori, spesso non riscontra differenze tra anziani che nell’ultimo anno sono o non sono caduti. “I test che usano questi sensori si’- dice il 31enne Luca Palmerini, esperto di statistica nel gruppo- analogamente, il test tradizionale non è in grado di riconoscere i primi sintomi di Parkinson, che invece non sfuggono ad alcuni dei parametri misurati dagli accelerometri”.

In estate, nell’ambito del progetto europeo Farseeing, partirà una sperimentazione su ampia scala con centinaia di anziani coinvolti. “La faremo insieme al gruppo dell’azienda sanitaria di Firenze- afferma Chiari- da anni attivo nel cercare di comprendere i cambiamenti legati all’età o alle malattie che si traducono in progressiva difficoltà nel cammino. Sino ad oggi hanno valutato la mobilità solo in laboratorio e in modo tradizionale: siamo sicuri potranno avvantaggiarsi del nostro supporto tecnologico e delle nostre misure pervasive”. Inoltre, fa sapere ancora il ricercatore, “con l’Università e alcuni imprenditori bolognesi del consorzio Innovanet stiamo anche considerando il lancio di uno spin-off per lo sviluppo di queste e altre soluzioni in ambito valutativo e riabilitativo, nonche’ la loro commercializzazione”.


Le cadute negli anziani arrivano a costituire anche il 40% degli eventi accidentali in pronto soccorso, oltre ad essere una delle prime cause di morte correlabile a lesioni fortuite. Circa un anziano su tre cade accidentalmente ogni anno. Questo provoca non solo enorme stress e la perdita di indipendenza, ma anche enormi costi sociali e costi indiretti per le famiglie. I costi sanitari relativi a cadute rappresentano infatti tra lo 0,85% e l’1,5% della spesa sanitaria totale di Stati Uniti, Australia ed Europa. Si stima che ogni caduta di un anziano costi intorno ai mille euro. Con l’invecchiamento della popolazione, considerando circa 100 milioni di persone anziane in Europa e un’incidenza del fenomeno pari al 30%, si verificano ogni anno oltre 30 milioni di cadute, con un onere per la società che supera i 30 miliardi di euro.