Scuola, nessuno resti indietro

Cattivi Pensieri

Bologna, 5 dicembre 2015 - Chi abbia un’esperienza, anche breve, d’insegnamento sa quanto sia proverbiale, automatico addirittura, l’atto di cacciar fuori dall’aula l’alunno chiassoso, colpevolmente distratto, irrispettoso, animatore di prodezze da 0 in condotta. Atto proverbiale e apparentemente comodo e proficuo per chi è in cattedra, poiché sembra marcarne l’autorità e la fermezza. E invece, alla fine, atto che contrasta con la missione di tutte le scuole, secondo il quale ogni studente dev’essere posto nella condizione di seguire le lezioni. A patto di comportarsi in base alle regole.

Se però accade un brutto fatto come quello delle medie del Pilastro, con una rissa tra i ragazzi e uno di loro che ferisce il supplente impegnato a tentare di mettere pace, lanciandogli addosso il cestino della carta straccia... se accade qualche cosa del genere, come agirà la scuola – attenti, una qualsiasi, non quella di cui si parla in queste ore – per sanare una situazione di palese gravità? Non conosco i dettagli, sicché va bene tutto quello che si è detto e letto. Quartiere complicato, e complicata gestione sociale e multietnica delle calssi. Siamo tra ragazzi che faticano a comprendere il valore dello studio per la loro esistenza.

Ma, al di là di tutto, c’è un punto fermo: la scuola veramente buona (ripenso a don Milani e ai ragazzi di Barbiana) è tale perché è capace di non perdere nessuno dei suoi pezzi, e meno che mai nessuna sua eventuale pecora nera. Passando sopra alla bravata? Assolutamente no? Non ponendo rigorosamente il protagonista, e gli altri rissaioli, davanti alle loro responsabilità? Altrettanto no? Esercitando quelle così invocate punizioni esemplari prive di un fine prima di tutto educativo? Ancora no. Bisognerà che l’alunno troppo manesco rientri presto, molto presto nei ranghi della sua classe, con tutto il peso del guaio che ha combinato. E bisognerà che lo si sappia indurre, insieme al pubblico dei compagni e degli insegnanti, a prenderne piena consapevolezza

Se la scuola non fosse in grado di fare questo, non servirebbe a niente, basterebbero i tribunali per le sanzioni. Scuola autorevole, allora, mai burocraticamente formalistica. Scuola che, insieme con la famiglia – e forse ancora di più –, è l’autentico, decisivo campo di inserimento nella realtà (per quanto oggi deplorevole). Compito da far tremare i polsi, ma obbligatorio. La lettura del ‘Libro cuore’, tutt’altro che un testo consolatorio, ci svelerebbe una classe anch’essa difficile, piena di disparità sociali e di comportamenti della scolaresca a tutta prima inconciliabili, ricchi e poveri, mascalzoni e diligenti, nordisti e sudisti, generosi e perfidi. Su tutto, però, con quel maestro, prevaleva la missione di formare i muovi cittadini italiani, umanamente ed eticamente plasmati, i cattivi in gruppo con i buoni. Perché non dovrebbe essere l’obiettivo infrangibile della scuola di oggi, nella sua autonomia e nella sua tensione morale, pur in mezzo ai continui spostamenti di insegnanti e alle preoccupazioni per la sicurezza (vedi l’intrusione di un estraneo, ieri mattina, alle materne della Montagnola)? 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro