Giovedì 25 Aprile 2024

l genitori di Bolelli: «Simone sapeva da sempre che ce l’avrebbe fatta»

Il tennista ha vinto a 29 anni l’Australian Open: il racconto commosso di mamma e papà: «Quanti sacrifici, ma aveva ragione lui»

Simone Bolelli e Fabio Fognini

Simone Bolelli e Fabio Fognini

Budrio (Bologna), 1 febbraio 2015 - Il letto di Simone è ancora lì, la cameretta intatta, la prima racchetta appesa al muro. Come se il tempo avesse congelato il quadro a quando il bambino sognava di diventare un campione. Oggi il bambino ha 29 anni, ha vinto l’Australian Open ed è entrato nella storia del tennis.

Ieri a casa Bolelli, alla periferia di Budrio, tutti i sacrifici degli ultimi 14 anni hanno preso un senso e un colore diverso. Anche se la festa è stata contenuta, perché la famiglia non è abituata agli eccessi, si capisce subito da chi ha preso Simone.

«Lui l’ha sempre saputo, che ci sarebbe arrivato. Lo sapeva già a quindici anni, quando lasciò casa per andare a Bergamo, all’Academy del maestro Luca Ronzoni, e io non ero mica tanto d’accordo, sa?». Mamma Stefania, ragioniera, 57 anni, quei momenti difficili se li ricorda tutti.

Vedere un figlio partire così giovane per inseguire una speranza non è stato facile, «anche se Simo è sempre stato un ragazzo responsabile. E poi lui era sicuro che sarebbe diventato un professionista. Anche durante i brutti momenti degli infortuni, non ha mai dubitato per un attimo che sarebbe tornato. Aveva ragione».

PAPÀ DANIELE, 60 anni, lavora nella pubblicità dopo aver fatto a lungo l’odontotecnico. Giocava a calcio con gli amici, ha appoggiato le scelte del figlio senza spingerlo: «Gli ho solo detto che a vent’anni avrebbe dovuto essere intorno alla posizione 120 al mondo, e lui arrivò al 125. Altrimenti avremmo dovuto mollare, perché i sacrifici sono stati tanti. Economici, ma anche organizzativi: vedevamo Simone nei weekend, io lo andavo a prendere il venerdì, mia moglie partiva alle 4,30 del lunedì con la sua Focus per riportarlo a Bergamo, lui finiva di dormire in macchina. Adesso lo vediamo anche meno, una volta ogni due mesi se va bene. Ma lui è contento, e a noi va bene». È giusto raccontarlo, a chi crede che i tennisti facciano una vita privilegiata: dietro le copertine di oggi ci sono anche i viaggi assonnati di ieri, nella nebbia prima dell’alba.

A Budrio, Simone non capita quasi più. Il letto della cameretta è intatto da anni, lui vive a Montecarlo, quando è in Italia si allena a Tirrenia, ma è quasi sempre in giro per il mondo. La moglie Ximena Fleitas, uruguaiana, modella, piace a mamma Stefania e alla sorella Simona «perché è una persona molto discreta». A Budrio ci sono ancora gli amici, quelli dei tempi in cui frequentava le medie Filopanti e l’istituto per ragionieri Renzi (le elementari le ha fatte a Bologna, alle Tempesta).

A Budrio lo aspetta sempre il suo cagnolino, un chihuahua molto affettuoso. Si chiama Chiqui, come il soprannome della Errani e della Vinci, e quasi come i Chicchi, il nomignolo che si sono dati Bolelli e Fognini. Perché magari anche il destino gioca a tennis.