Bologna, 5 maggio 2011 - E’ UN PIERO ANGELA formato SuperQuark quello che nel filmato introduttivo dello show con cui Jovanotti sbarca questa sera alla Futurshow Station di Casalecchio promette alla tribù (che balla) del ragazzo fortunato un viaggio in astronave «nel cielo pieno di sorprese». Un volo nell’orbita geostazionaria dell’ultimo album ‘Ora’ - 230 mila copie vendute - che utilizza il riferimento della volta stellata sopra di noi per guardare al grande vuoto che ci portiamo dentro alla ricerca del «diamante che brilla al centro del cuore». Diamante magari a volte un po’ pazzo come quello di Syd Barret. «Sinceramente non sapevo come tradurre un disco elettronico in uno spettacolo dal vivo, così ho cercato di pensato di premere il tasto ‘reset’ sul passato per inventarmi qualcosa di assolutamente nuovo», spiega Lorenzo, che la scorsa estate s’è trovato a collaborare pure a ‘Mondo’ di Cesare Cremonini e non è detto quindi che stasera a Bologna non possa chiedergli di restituirgli la cortesia. «Il buon esito della prevendita ha indotto la mia agenzia a darmi carta bianca e io ne ho approfittato per azzardare molto; dal tipo di spettacolo alla scelta di un supporter come Vasco Brondi, meglio conosciuto come Le Luci della Centrale Elettrica». Scommessa vincente ma assai fuori dagli schemi quella di Brondi, in scena nel prologo dello show con la sua chitarra e un pugno di brandi destabilizzanti tipo ‘La lotta armata al bar’, ‘Lacrimogeni’, ‘L’amore ai tempi dei licenziamenti dei metalmeccanici’ o ‘Le ragazze kamikaze’.
 

IL VIAGGIO tra galassie e supernove di Jovanotti, 44 anni, si apre all’insegna del nuovo con una cinquantina di minuti affondati per lo più tra i suoni di ‘Ora’ lasciando al passato prossimo di ‘Mezzogiorno’ uno dei pochissimi accenni al passato. «Far convivere la mia storia di ieri con questo disco non era facile, così ho deciso di mettere in piedi uno show proiettato al futuro, con ben 13 brani nuovi. Tanti, certo, ma nella scelta del repertorio ho usato la testa del dee jay più che quella del cantante. Questo mi consente di mischiare continuamente le carte del gioco e di fatto reinventarmi ogni venti minuti un nuovo spettacolo». Tutto con la complicità di una band di sei elementi, costruita sul basso di Saturnino Celani (te la raccomando quella tutina alla Rockets) e Christian Rigano a synt e programmazioni, e di un maxischermo ad altissima definizione alloggiato sul lato destro della scena inondato di filmati malati d’astrattismo.
 

LUI, IL RAPPER col vizio di stupire, stavolta si adatta l’azimato completo blu con cravatta rossa del cantante confidenziale, ma un paio di scintillanti scarpe tempestate di paillettes svelano che è un crooner elettronico; un Dean Martin venuto dalla luna. «Martin o Sammy Davis jr. erano degli entertainer nati, dei fuoriclasse». Per tenere il passo Lorenzo s’è affidato al preparatore atletico di Pantani ed Alonso, giocando con la tecnologia visuale per farsi imbrigliare sullo schermo da fasci di luce come un Gulliver post moderno (‘Tanto’), sdoppiarsi fino a combattere contro se stesso (‘Battiti di ali di farfalla’), scomponendo la sua immagine in prismi (‘La porta è aperta’). «Mi sono affidato ai Ragazzi della Prateria due esperti di grafica computerizzata provenienti da Fabrica di Benetton e gli ho chiesto di farsi venire idee per scantonare quel senso di didascalico che affligge sempre più l’aspetto visivo dei concerti e debbo dire che si sono inventati delle soluzioni molto suggestive e avveniristiche». Più tradizionale, ma non meno efficace, il montaggio durante ‘La notte dei desideri’ di filmati con marce di protesta degli studenti iraniani, immagini della rivoluzione egiziana, delle proteste delle donne in piazza a Milano, del gay pride di Rio.