Auguri Kinki, il club più longevo della città festeggia i 40 anni

Il programma prevede un party per ogni decennio e l'album degli ospiti famosi che si scatenano in pista

Il dj Ringo al Kinki

Il dj Ringo al Kinki

Bologna, 7 settembre 2014 - Ci sono luoghi poco appariscenti, che non hanno bisogno di insegne luminose, la cui storia si identifica con quella delle persone che li frequentano e li rendono speciali. Ambienti unici, che sono lì da decenni e che, senza pubblicità, sono diventati, nel corso del tempo, protagonisti delle trasformazioni sociali delle città che li ospitano. Uno di questi spazi, sempre più rari e sempre più lontani dall’omologazione contemporanea, è il Kinki di Via Zamboni, pochi metri dalle Due Torri, un antro sotterraneo nascosto in un piccolo interno che festeggia nel 2015 i suoi 40 anni di ininterrotta attività con questo nome.

Perché già dal ’58 esisteva come Whisky a go-go e dai Settanta, primo club gay in Italia, è sempre rimasto club d’avanguardia fino a essere insignito del titolo di migliore d’italia dalla rivista ‘ID’. Pier Vittorio Tondelli ne racconta le atmosfere in Un weekend postmoderno. La prima edizione di Fluo di Isabella Santacroce lo effigia in copertina e sta per partire una grande campagna di affissioni che di ogni monumento di Bologna calcola la distanza, appunto, dalla discoteca. Micaela Zanni, icona delle notti bolognese, il Kinki lo ha amato talmente tanto da frequentatrice da decidere, dagli anni ’80, di gestirlo.

Micaela, 40 anni sono davvero tanti per un locale... «E ancor prima, quando si chiamava Whisky a go-go, era il locale dove si esibiva regolarmente la formazione jazz di Lucio Dalla e dove Jimi Hendrix, dopo il celebre concerto bolognese del 1968, venne a trascorrere la notte. Poi, nel 1975, una nuova avventura. Diventa il Kinki e sconvolge i pensieri dei benpensanti bolognesi».

Perché? Cosa succede? «Succede che le persone che lo aprono ne fanno immediatamente un ritrovo per la scena gay e transessuale, uno spazio dove chiunque avesse una sessualità non ritenuta ‘ordinaria’ potesse sentirsi parte di una comunità, potesse esprimersi creativamente. E questa è stata la sua fortuna. Dal quel momento il Kinki è diventato il club più eccentrico e più alla moda, prima di Bologna e poi d’Italia. Negli anni ì80 e ì90, ogni fine settimana (il sabato è stato tradizionalmente il giorno delle feste gay) il pubblico arrivava da tutte le città, faceva shopping nelle boutique del centro e poi si metteva rigorosamente in fila per partecipare alla festa».

E la città? «La città osservava divertita, incuriosita e rispettosa, come è sempre stato nello stile di Bologna. Per molti anni per quei sabato sera, al Kinki c’erano due file. Quella di chi aspirava a entrare e si sottoponeva, anche per ore, alla rigidissima selezione che facevamo alla porta e quella in via Zamboni, dei bolognesi che, nel tratto che dalle Due Torri arriva al Kinki ammiravano il passaggio delle vistose drag queen che fendevano la folla per conquistare il loro posto sulla pista da ballo».

E adesso, cosa rimane di quelle notti? «Molto poco, la diffusione di internet ha azzerato, soprattutto tra i più giovani, il piacere di stupirsi, di emozionarsi. In tempi nei quali ogni moda viene globalizzata in pochi minuti, il gusto della scoperta, l’attesa del sabato sera non ci sono più. Noi, però, ci siamo e festeggeremo i nostri 40 anni con 4 party, ognuno dedicato a un decennio passato. Iniziamo in novembre. Poi pubblicheremo un libro con le foto dei tanti che sono venuti a divertirsi da noi, dagli stilisti come Roberto Cavalli ai fotografi come David LaChapelle ai critici d’arte come Achille Bonito Olivo, che, quando è in città per ArteFiera, si scatena sulla nostra pista da ballo».

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro