Bologna, 17 giugno 2014 – Direttamente nella storia. Anzi, nella leggenda, con quella semplicità e quell’incredibile leggerezza di cui Marco Belinelli è sempre stato capace, nella buona come nella cattiva sorte. Che abbia combinato qualcosa di straordinario lo si capisce dal cellulare rovente. Non per la mole degli sms, ma perché dall’altra parte della cornetta c’è Matteo Renzi, il premier, che rende omaggio a Belinelli. Al nostro Marco da San Giovanni, lo stesso che intervistammo per la prima volta a inizio 2003. Aveva poco più di 16 anni, giocava tra i cadetti o in Eurolega con la stessa faccia.

Undici anni sono tanti per immaginare il traguardo che Marco avrebbe tagliato. Eppure in questi undici anni Marco non ha mai cambiato espressione, non si è lasciato irretire dal dorato mondo Nba. Piedi ben piantati per terra, un amore chiamato pallacanestro, la voglia di divertirsi con un pallone tra le mani e la ferma decisione di arrivare lontano e conquistare quel titolo che, in Italia, quasi non sapevamo cosa fosse, se non per le immagini televisive.

Non si resiste di là, tra i mostri sacri della Nba, per sette anni — tra San Francisco e Toronto, New Orleans e Chicago e oggi San Antonio — se non hai qualcosa di speciale dentro. Quel qualcosa che gli hanno prima trasmesso e poi insegnato mamma Iole e papà Daniele, custodi di Marco e dei suoi fratelli Enrico e Umberto.
Marco è rimasto sempre se stesso, umile e determinato, deciso e orgoglioso. Quelle doti che hanno fatto breccia nel cuore di un «duro» come Gregg Popovich, che ha scommesso sulla voglia di questo ragazzone italiano, affamato di pallacanestro e di successi.

Marco Belinelli da San Giovanni in Persiceto è uno dei grandi prodotti da esportazione di casa nostra. Come Martina Grimaldi dalla Bolognina o Jessica Rossi da Crevalcore. Tre ragazzi che hanno le stimmate del campione.

Sono questi tre le icone di Bologna, il manifesto di una generazione pronta a lottare contro tutto e contro tutti. Senza cercare giustificazioni e, al contrario, con la capacità di rialzarsi sempre, dopo ogni caduta.
Marco ha colorato le nostre notti di questo ultimo scorcio di primavera. Le ha rese piacevoli e vincenti. Così il sindaco, Virginio Merola, non ha avuto bisogno di sollecitazioni particolari. Ha compreso la portata del momento, conferendogli il Nettuno d’Oro. Immagine tremendamente suggestiva, perché tra Giganti ci si intende sempre a meraviglia.

Alessandro Gallo