Saputo: “Dieci anni per un grande Bologna“

“Punto a una crescita costante per riportare il club ai fasti del passato: è un percorso che ci consentirà di lottare per lo scudetto e l’Europa“

Joey Saputo (Foto Schicchi)

Joey Saputo (Foto Schicchi)

Bologna, 30 luglio 2015 - Joey Saputo è un uomo deciso e riflessivo. E’ contemporaneamente gentile e severo. Ha occhi affamati di dettagli e un’idea chiara, probabilmente inderogabile, di che cosa fare del Bologna. Ieri mattina l’azionista di maggioranza del club rossoblù ha ricevuto noi della redazione sportiva del Carlino nel suo ufficio di Casteldebole.

Signor Saputo, come dobbiamo chiamarla?

«Presidente va benissimo. So che in Italia il presidente è, per definizione, colui che mette i soldi».

Lei ne ha messi tanti. Quarantacinque milioni nei primi sei mesi. E siamo solo all’inizio.

«La cifra, più o meno, è esatta. Nei prossimi tre anni penso che andremo avanti di questo passo».

Per il Bologna e per i bolognesi il suo arrivo è un ‘miracolo’ che segue il disastro. Ma il fatto che lei sia fra gli uomini più ricchi del mondo ha messo molti tifosi in uno stato di fibrillazione.

«Nessuna sorpresa. Eravamo tornati in serie A da cinque minuti che già mezzo stadio ci chiedeva l’Europa».

Lei che cosa può offrire alla platea ‘affamata’?

«Una crescita graduale e costante per almeno una decina di anni».

Per arrivare dove?

«Alla fine del percorso, il Bologna potrà essere pari alle grandi, comunque in grado di lottare per l’Europa League, per la Champions e per lo scudetto».

Nell’immediato che cosa si devono aspettare i bolognesi?

«Una salvezza tranquilla».

La squadra com’è oggi non si salverebbe.

«Sappiamo di essere in ritardo, ma non in colpevole ritardo. La nostra gestione di fatto è iniziata la sera della promozione. Da quel momento ci anima la volontà di costruire una società bella e forte». Claudio Fenucci, che è di fianco a Saputo, rincara la dose: «Di alto livello». E Saputo, di rimando: «Di soddisfazioni come quella della promozione ne avremo altre».

Prima che scadano i fatidici dieci anni?

«Faremo del nostro meglio perché il Bologna abbia la stessa gloria che aveva in passato e sono sicuro che i bolognesi saranno orgogliosi della loro squadra. Questo è un club con una grande storia alle spalle e noi vogliamo scrivere nuove e belle pagine».

Intanto sta cancellando quelle più recenti.

«E’ più impegnativo di quanto immaginassimo. La situazione non era buona e ci vorranno tre stagioni per smaltire la zavorra».

Diceva Fenucci: per crescere non servono solo nuovi giocatori, bisogna aumentare il fatturato.

«Siamo intorno ai 43 milioni che non autorizzano a muovere subito passi da gigante. Bisogna crescere con calma, anche se ho capito quanto sia difficile abbinare la parola ‘calma’ al calcio italiano».

Per dare spessore al club è dal nuovo stadio che intende ripartire?

«Dal Dall’Ara o da un nuovo impianto, ancora non si sa, lo vedremo. Certo è che avremo l’impianto che vogliamo e i tifosi che vogliamo».

Quale stadio volete?

«Moderno. Il Dall’Ara lo può diventare, anche se una struttura protetta dai Beni culturali non potrà essere modellata a nostro piacimento».

E che tifosi vorreste?

«Persone che ci seguano nel bene e nel male e che abbiano rispetto dello sport che stanno seguendo».

E’ d’accordo con chi reclama parecchi nuovi giocatori?

«Ne dobbiamo acquistare sette-otto e venderne almeno altrettanti».

Manca mezza squadra e manca uno sponsor sulle nuove maglie.

«Lo sponsor deve essere di alto livello, pronto a sposare il nostro progetto a lunga scadenza. Se non lo troviamo, non ci accontentiamo di un piccolo marchio e facciamo senza».

Il top player (Drogba) lo ha preso per gli Impact. Ne arriverà uno anche a Bologna?

«Se sarà forte tanto in campo quanto fuori, forse sì».

Un nuovo Di Vaio?

«Esatto. Ci siamo capiti».

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