Bologna, 28 giugno 2010 - UN OCCHIO severo ai bilanci e l’altro proiettato al futuro. Non solo per diventare inquilini stabili della famigerata colonna sinistra della classifica (un obiettivo che in casa Bologna, ogni volta che è stato dichiarato, per chi l’ha pronunciato si è trasformato in un boomerang), ma per far decollare quello che era già un sogno, abortito, di Cazzola e che non è mai riuscito ad essere il modus operandi dei Menarini: il progetto.
Sergio Porcedda preferisce tradurlo con un meno pomposo «programma triennale», che è anche la prova provata che trapattoniananamente non vuole dire gatto finché non ce l’ha nel sacco. Prudenza apprezzabile considerato che i prossimi saranno i giorni in cui gli acquirenti sardi dovranno subentrare per l’80 per cento ai Menarini nella copertura delle esposizioni bancarie, sia per i 15 milioni della fidejussione in Lega Calcio che per i circa 10 del debito di gestione.
 

«IL BOLOGNA è una società esposta ma gestibilissima —_ ha fatto sapere ieri Sergio Porcedda intervistato da Sky —. Un’azienda come tutte le altre che bisogna mettere a posto, per far quadrare i conti facendo passi molto, molto ponderati». Possibilmente non più lunghi della propria gamba. Per questo il giro di vite sui conti è uno dei punti fermi del progetto. Del resto se i conti rossoblù non fossero sballati Sergio Porcedda nemmeno sarebbe sull’uscio di Casteldebole. Una volta che vi sarà entrato, ai suoi più stretti collaboratori ha già fatto sapere che ha intenzione di porre la massima attenzione sui vari ‘asset’ dell’azienda Bologna.
Il primo, più che un asset vero e proprio, è una necessità vitale: fare la squadra. Il sogno è quello di riuscire a consegnare a Colomba tra meno di due settimane, quando comincerà la stagione, un Bologna già delineato «all’80-85 per cento» (ipse dixit). Se anche il sogno naufragasse contro lo scoglio della dura realtà, da qui al 31 agosto c’è tutto il tempo per riempire le caselle vuote. Più complicato, ma nei suoi piani inevitabile, trasformare invece il Bologna in un’azienda non in perdita. Per Porcedda e per il suo ‘uomo dei conti’ Salvino Marras non sono due realtà inconciliabili l’allestimento di una squadra in grado al primo anno di salvarsi senza affanni e la stringente attenzione da dedicare ai bilanci. Il primo passo sarà l’abbassamento del monte ingaggi (anche se da 30 a 20 milioni sembra un po’ pretenzioso). Poi l’idea è quella di potenziare marketing e merchandising, valorizzando quei rapporti col territorio che con i Menarini sono rimasti lettera morta: se dove hanno fallito dei bolognesi riusciranno dei sardi, non ci saranno sollevazioni popolari.
 

CARMINE Longo sul mercato si sta già muovendo per individuare giocatori di 25-28 anni con esperienza di A alle spalle, segno che l’età della media dell’organico nei piani è destinato a calare e che più risorse verranno investite nel vivaio, fonte di introiti preziosa per un’azienda che punta a creare la propria ricchezza in casa (non a caso ieri, sempre parlando a Sky, Porcedda ha detto che uno degli obiettivi è «tirare su i giovani»).
Poi c’è il Dall’Ara, che Porcedda si è messo in testa di vedere più pieno. Ha già intuito che per riuscirci non bastano gli sconti su biglietti e abbonamenti (la campagna è scattata una settimana fa, ovviamente in sordina), ma occorre allestire una squadra che faccia divertire i tifosi. In attesa di costruire il nuovo stadio: una partita che giocheranno anche i Menarini.