Bologna, 29 ottobre 2010 - Dice niente Frey Bentos? A meno che uno non sia nel ramo delle cellulosa, niente. A meno che uno non sia biografo di Jorge Luis Borges, che in quella piccola città di 25 mila abitanti a ovest dell’Uruguay ci passava qualche settimana di vacanza da bambino, niente.


Ma è verosimile che fra qualche mese molti «calciofili» italiani sappiano che Frey Bentos è la città natale di Gaston Ramirez, stellina del Bologna. Il ragazzo ha i numeri per fare strada e per farsi conoscere. Dall’inizio ha giocato due partite con il Bologna: la prima a Palermo, da dimenticare. La seconda mercoledì sera in Coppa Italia con il Modena: da ricordare. Due gol, bellissimo il primo, costruito e realizzato, bello anche il secondo, che ha permesso al Bologna di passare il turno.

E che ha costretto Malesani a mettersi un ulteriore dubbio, come se su questa squadra nuova e ancora indecifrabile squadra, non ne avesse già abbastanza: Gastone, probabilmente, deve giocare dietro alle o alla punta, non come esterno d’attacco. Ma, prima ancora, Gastone deve o no giocare titolare in questo Bologna? Di lui, come della sua città natale, non si granché, ma qualcosa sì: è arrivato in Italia con l’etichetta di giovin fenomeno. E metti che fenomenale lo diventi per davvero, serve al Bologna che il suo allenatore lo capisca in fretta.


Dunque, Frey Bentos. In quello sperduto paesino, lontano un giorno intero di viaggio da Montevideo, di calcio al massimo si parla. Comunque non si gioca, se non nel campetto dell’oratorio. Ed è lì che il Penarol ha scovato il diciottenne Gaston Ramirez. Per diventare campioni sono indispensabili due qualità: la bravura e la fortuna. Gastone (nomen, omen) ne ha avuta di fortuna. E ha traslocato nella capitale per giocare a pallone. Ascesa irresistibile: soltanto per una stagione nelle giovanili, poi promosso d’ufficio in prima squadra. Scudetto. Titolare nella Under 19 ai Mondiali d’Egitto.

E’ ad Alessandria che Carmine Longo lo vede. E non lo molla più. Longo brucia sul traguardo Villareal, Siviglia e pure la Fiorentina. E porta a Bologna il suo pupillo. Dice il direttore: «E’ bravissimo, lo immagino libero di giocare come crede lui, comunque in mezzo al campo. Alla Maradona no, non esageriamo, ma alla Rivera di quel dì o alla Aquilani di oggi senz’altro». Dice Perez, l’icona del calcio uruguaiano: «Se il tempo per capire il nostro calcio serve a me, a maggior ragione bisogna concederne a lui».

Gaston Ramirez, mancino, freddo, un po’ diesel, un po’ farfalla vive con la fidanzata: prima di partire per Bologna, lui e lei hanno fatto la «fuitina», per essere certi che non li avrebbero separati. Ora tocca ai genitori di entrambi fare avanti-indrè con l’Uruguay per tenerli sotto controllo. Patricia, la mamma di Gaston, ha incassato dal figlio la dedica per i primi suoi gol italiani. Il ragazzo ha iniziato a fare sul serio: era reduce dalle prime due settimane senza voli e senza fuso orario addosso e ne ha infilati due decisivi. Pablo Betancourt, il suo agente, ha iniziato a fregarsi le mani: se il Bologna un giorno cederà il suo Gastone, lui farà il Paperone. Ha in tasca la garanzia del 20% sull’eventuale plusvalenza.