Bologna, 2 novembre 2010 - Sergio Porcedda non parla. Non in pubblico. Perché in privato lo ha fatto. Domenica sera dopo la partita, nello spogliatoio di Cagliari. Per dire a tecnico e giocatori del Bologna quello che pensava. Concetti dettati dal disappunto, che si possono riassumere così: non ci siamo. Il Bologna non è la squadra che il presidente voleva. Non è neppure quella per cui ha lavorato Carmine Longo.

Della rivoluzione tecnica e se vogliamo anche culturale (basta subire, proviamo a essere una squadra propositiva) non c’è ancora traccia. Ci sono, da parte di Malesani, molti tentativi di arrivare all’obiettivo prefissato, molti esperimenti, molte modifiche tattiche nel corso della stessa partita e, va detto, anche molti problemi da risolvere prima che il presidente consideri falliti i tentativi di voltare le spalle a un passato che diceva di un Bologna perennemente costretto a giocare sugli avversari e a sperare che la buona stella illuminasse il cammino. Ma fin qui gioco, coraggio e intraprendenza sono ciò che erano a inizio stagione: solo buone intenzioni.

L’allenatore non si gioca la panchina. Compie molti esperimenti, sta cercando di dare un senso a una squadra difficile da assemblare, nata a spizzichi e bocconi, che ha arruolato molti giovani e anche qualche giocatore (vedi Morleo e Krihn) che non ha ancora messo piede in campo. Si tratta di capire quanti esperimenti e verifiche la società è disposta a concedere al suo tecnico.

Dice Carmine Longo: «Non ho fiducia nell’allenatore. Di più. Non ho fiducia in questo gruppo. Di più. Ma bisogna essere realisti. Bisogna arrivare al 3 di gennaio, quando riaprirà il mercato, con almeno 17 o 20 punti, altrimenti potrebbe essere superfluo andare a caccia dei rimedi». Se quello della sopravvivenza è il nuovo (ma anche vecchio) obiettivo del Bologna, allora converrà ai tifosi mettersi l’animo in pace. Siamo alle solite. Il progetto-Porcedda subisce qualche serio contrattempo e va rinviato. Ancora Longo: «Di fronte all’evidenza di una squadra che stenta a selezionarne undici in grado di reggere per tutta la partita, non vedo alternative alla necessità di chiedere applicazione, gambe e tanto realismo».

Sono i risultati a dire quale direzione imboccherà il Bologna. Contro le grandi la squadra ha saputo fare buone partite di contenimento e ha strappato (a Inter e Juve) punti preziosi. Quando Malesani ha sperato nel saltino di qualità e ha sdoganato la squadra, come non detto. Sono arrivati i quattro gol di Palermo e il 2-0 di Cagliari. Di sicuro, non sarà semplice nè per Longo nè per Malesani convincere il presidente che i prossimi due mesi debbano essere vissuti all’insegna del pragmatismo, acerrimo nemico dei progetti di bel gioco e di spensieratezza che erano le fondamenta del progetto tecnico. Ma Longo non vede altra via d’uscita: «L’unica controindicazione alle nostre medicine, è che ci manca l’attaccante alto. Con Floro Flores (Udinese) ci ho provato inutilmente fino all’ultimo secondo. Eravamo pronti anche a spendere un milione più del previsto, ma non c’è stato nulla da fare».