Giovedì 25 Aprile 2024

Gaetano Curreri: "Cantare in casa è più difficile"

Gli Stadio in concerto all’EuropAuditorium

Il cantante con Lucio Dalla

Il cantante con Lucio Dalla

Bologna, 17 dicembre 2014 - Quello che risponde alla vigilia del concerto che – stasera all’EuropAuditorium alle 21 – riporterà gli Stadio nella città che li ha visti nascere e crescere, è un Gaetano Curreri completamente sedotto dal Golfo di Salerno, dove la band si è appena esibita in una data del tour di ‘Immagini del Vostro Amore’. Nonostante gli oltre 30 anni di carriera, il leader di quello che – più che un gruppo – è una sorta di carta moschicida per autori che hanno fatto la storia della musica italiana, si lascia ancora affascinare dalle luci e dalle decorazioni natalizie dei luoghi che un lavoro come quello che fa gli consente di visitare. Quando si torna a Bologna però, con un concerto che snocciola tre decenni di musica, è tutto diverso. Compresa l’ansia da prestazione…

Quindi, dopo 30 anni, suonare in casa è ancora un’altra cosa?

«Certo. Anche perché è la chiusura perfetta di un periodo in cui abbiamo ricordato e riletto la nostra storia, con canzoni che sono rimaste nelle pieghe dei dischi. Un concerto a Bologna lo carichi di aspettative, ci tieni a fare vedere quanto sei bravo, perché poi in quella città ci vivi. E questa è una cosa che a volte ti frega».

È facile immaginare che la scaletta sia in continua mutazione…

«Dall’inizio del tour, è cambiato molto, anche perché noi siamo estremamente attenti alle richieste dei fan, che spesso vengono perché sentono l’esigenza di una canzone in particolare. Ovviamente, non facciamo scalette a richiesta, però è interessante imparare a leggere le proposte del pubblico. Ad esempio, è proprio in questo modo è rientrata in scaletta Canzoni per parrucchiere, che in maniera un po’ ironica prendeva in giro la critica che scambia alcuni pezzi di contenuto per brani troppo pop. Noi siamo sempre stati in equilibrio tra il mondo della canzone d’autore e il pop. Quindi, quel brano è una dichiarazione d’intenti. Abbiamo sempre cercato di gettare un ponte tra i due mondi, tra la poesia di Roversi, Dalla, Vasco, e le canzoni d’amore di grandi autori non meno importanti. C’è bisogno di poesia in musica. E noi ne abbiamo fatto una cifra stilistica fin dal primo disco».

A leggere i crediti nei vostri dischi, si ha l’impressione di trovarsi di fronte alla storia della musica italiana. Perché tutti, in un modo o nell’altro, lavorano con gli Stadio?

«Perché hanno capito, ancora prima di noi, il nostro progetto di una musica apparentemente nuova ma che si allaccia invece alla tradizione. Uniamo la pop song da barba allo specchio alla poesia. Abbiamo rimesso in scaletta Banana Republic, un testo scritto – o meglio, liberamente tradotto – da De Gregori, che è un capolavoro, una narrazione attualissima. Utilizzare bene la poesia ti rende immortale. E nelle nostre musiche, tanti poeti hanno trovato una garanzia per esprimersi. Tanto che noi, forse, siamo diventati una sorta di marchio di qualità».

Ha mai pensato ad una carriera solista?

«No. Mi diverte eseguire, insieme al Solis String Quartet, alcune canzoni che ho scritto per altri. Solo in questo senso, ha un valore il fatto che io le rilegga, intervenendo proprio sulla loro stessa essenza. Ma da lì a fare un disco da solo…».

Il prossimo disco di inediti degli Stadio?

«Ci stiamo già lavorando e uscirà nel 2015. Il fatto è che noi siamo paurosamente pignoli e maniacali. Montiamo e smontiamo, finché non ci convince tutto. Il che forse spiega perché alcune nostre canzoni di 30 anni fa suonano ancora bene oggi».