Una pioggia di promesse

Cesare Sughi

Cesare Sughi

Bologna, 29 agosto 2014 - NON C’È stato il Grande Esodo (non è la prima volta, dal 2008), dunque non c’è stato il Grande Ritorno, quello che fabbriche e uffici riaprivano in massa, che il traffico riprendeva il suo ritmo caotico e la città riaccendeva i motori. E come li riaccendi, i motori, in mezzo a un disastro economico e sociale che, anche qui, somiglia sempre di più a un inamovibile compagno di strada e di vita? Alla peggio sopravviveremo: se facciamo una lotta di trincea, se ci arrocchiamo su pensioni infami, su stipendi via via più poveri e sull’assorbimento di tagli che piovono da ogni parte, alla fine i più deboli o i più impressionabili resteranno sul campo, ma la maggioranza si risolleverà. Non è il modo più lucido e più etico di affrontare un’emergenza per ora illimitata. La Bologna che torna — chi ha potuto — dalle ferie è la stessa che è partita, si capisce. Un posto che alla fine dell’anno scorso aveva oltre 90mila disoccupati in provincia, il 120% in più rispetto a 5 anni prima e che aveva visto crescere del 44%, nello stesso periodo, le ore di cassa integrazione straordinaria. Una città ferita a morte, come la Napoli del libro capolavoro di Raffaele La Capria? A morte no, ma ferita in profondità sì, anche per la sua fragilità anagrafica: il 26% di ultrasessantenni e solo il 14 di ragazzi con meno di 15 anni. Affermava il dottor Cechov (1860-1904) che «qualsiasi idiota può superare una crisi; è la vita quotidiana che ti logora».

BOLOGNA e i bolognesi, anche quelli con abbronzatura esotica, ne sanno qualche cosa. Perché nella parabola di ogni città, come di ogni corpo vivo, arrivano momenti in cui, crollate o inceppate le Speranze Maiuscole, frustrate le forze, si avverte come l’esigenza di cose concrete, tangibili, utili immediatamente. Per tirare almeno un po’ il fiato, per immagazzinare spirito d’iniziativa. È la grandezza di chi amministra: saper offrire alla propria collettività — mentre si lavora al futuro se verrà: il Crealis, il risanamento del Comunale, il risveglio dei musei civici dal loro stato comatoso, Fico, il Digitale Universale ecc. — le mille e una risposte che la angosciano: ma davvero i milioni stanziati per la Tangenziale della Bicicletta (l’inguaribile gusto balanzoniano dell’eccesso), pronta forse tra un anno, non si potevano usare meglio, per pavimentare decentemente i marciapiedi, visto che molti ciclisti trovano poco efficace la trovata? E se per il Crealis si scassa Bologna, perché i trenini regionali, su cui sono stati spesi impegni e promesse, sono abbandonati in condizioni precarie? E quanto agli alloggi, ce la caveremo arrestando chi occupa e cercando qua e là qualche appartamento vuoto per chi è sotto sfratto, o tenteremo l’elaborazione di un piano sistematico che manca da decenni e che includa anche gli studenti fuorisede con la vergogna degli affitti in nero?

DUNQUE, niente di eccezionale. Qualche fatto, per piacere. Qualche esempio di grande statura nell’amministrare ciò che solo ai fanatici dei twitter benauguranti può sembrare il piccolo. È piccolo porre al centro, non a parole e non con i soliti tavoli, la disoccupazione giovanile? E l’esperienza, lanciata dall’assessore alla scuola della Regione, Patrizio Bianchi, che porta i giovani degli istituti tecnici dentro alle aziende leader per periodi di tirocinio pagati, si può estendere oppure no? Nei suoi memorabili ‘Scritti corsari’, Pasolini osservava che «senza senso comune e concretezza la razionalità è fanatismo». È un rischio che corriamo a furia di comunicare per slogan. Una pioggia di promesse infallibili e poi... I bolognesi, anche nella loro attuale versione multietnica, hanno voglia di vedere, di toccare con mano, di constatare che intorno a loro c’è già una città dinamica che, a Dio piacendo, diventerà più bella e più grande. Metropolitana. Supercomunale. Interconnessa. L’amministrazione annuncia un’abbuffata di novità, tutte sempre a misura europea (è Barcellona il modello che va). Si potrebbe, nell’attesa, tra la visione di uno sventramento e quella di una strada chiusa senza preavviso o di un abbonamento Tper da timbrare 7 volte al giorno, gustare un antipasto minimo, buono e solido, un po’ di ciccioli secchi con sottaceti e un calice di lambrusco a km 0?

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