Vent’anni di Wago Elettronica: "Tutto è partito in una stanza"

Premio Mascagni, l'intervista al direttore generale Stefano Casagrande VIDEO

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Bologna, 28 giugno 2016 - Quando nacque, nel 1996, la filiale italiana della multinazionale tedesca Wago Kontattechnik era una stanza a casa di Stefano Casagrande (VIDEO INTERVISTA), l’attuale direttore generale. Niente male, visti gli sviluppi: i dipendenti oggi sono 34, diventeranno 36 a breve, e «il fatturato – sottolinea con orgoglio Casagrande – non è mai sceso, neppure negli anni bui della crisi».

Casagrande, una multinazionale che apre la sua sede italiana a Bologna e non Milano o Roma. Perché?

«Una congiuntura del momento. Quando la casa madre scelse di costituire la sua prima consociata in Italia, i pochi clienti già presenti erano concentrati su Bologna, tra i grandi nomi dell’industria del packaging».

Lei lo seppe e si candidò.

«No, io a dire il vero lavoravo già, nel campo dell’informatica. Il mio nome saltò fuori da un database al quale mi ero iscritto. Feci dei colloqui, mi scelsero, ma prima mi diedero tre mesi per migliorare il mio inglese».

Punto debole di molti italiani. Come fece?

«Lo studiai per 3 mesi, notte e giorno. Una full immersion totale. Servì».

Fatto il capo, mancava l’ufficio.

«Per i primi tempi lavorai da casa. Per di più con un prodotto, il morsetto senza viti, che proprio quell’anno perse il suo brevetto...».

Come fece?

«Assunsi la prima dipendente, Marilena Sandri, tuttora responsabile amministrativa dell’azienda, e io iniziai a girare l’Italia, in cerca di clienti».

Oggi non potrà più. Le manca?

«A dire il vero continuo a passare parte del mio tempo presso i clienti. Credo che sia fondamentale, e su questo abbiamo costruito il lavoro dei nostri agenti. Che devono essere impegnati principalmente nelle visite: dotati di iPad, inviano in sede in tempo reale i dati su fornitura, concorrenza e necessità specifiche: ci pensiamo noi. Preferisco non distrarli, il loro deve rimanere un mestiere relazionale».

Funziona?

«Per fortuna, e anche grazie a una forte differenziazione dei mercati che oggi serviamo, dalle macchine automatiche all’illuminazione, l’ascensoristica, il navale, il ferroviario e molto altro, siamo riusciti ad affrontare indenni anche gli anni bui».

Nessun contraccolpo?

«Qualche mese di contratti di solidarietà nel 2008. Ma ci siamo sforzati per non chiudere mai un bilancio in rosso. E ci siamo riusciti».

Avrete avuto dei cattivi pagatori.

«Siamo umani. Le aziende in difficoltà vera le abbiamo aiutate, sfruttando tutto il margine di manovra che ci è consentito come consociata. Anche se qualcuno, negli anni della crisi, ha un po’ sfruttato la situazione».

Come distinguere i furbetti?

«Grazie a una nostra policy attenta di controllo dei clienti siamo riusciti, ad oggi, a evitare quasi tutte le insolvenze, eccezion fatta per pochissimi casi. Un pregio che ci riconoscono anche i tedeschi».

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