Sanità Emilia Romagna, Venturi: “Rivoluziono le liste d’attesa”

L’assessore regionale: “Fermo il ‘turismo’ della salute, basta anche con inutili doppi reparti”

L'assessore regionale alla Sanità Sergio Venturi (foto Schicchi)

L'assessore regionale alla Sanità Sergio Venturi (foto Schicchi)

Bologna, 27 febbraio 2015 - Il primo impegno con i cittadini?

«Ridurre entro il 2015 le liste d’attesa e recuperare i nostri cittadini che vanno a fare esami fuori regione», è deciso l’assessore regionale alla sanità Sergio Venturi.

Da Bologna, Ferrara e Modena è consuetudine andare a Monselice, ad esempio, per una risonanza. Come la mettiamo?

«Dobbiamo agire sull’organizzazione: ambulatori aperti dodici ore di giorno e turni anche sabato e domenica».

Più prestazioni no?

«Certo, anche in libera professione. Ma agiremo anche sulle prenotazioni».

Sarebbe a dire?

«Molti non si presentano: in oculistica c’è un 20-30% di mancate visite. Ricontatteremo i cittadini. Ora non abbiamo più scuse».

Bisogna anche snellire la struttura: come rivedrà la spesa pubblica nel suo assessorato?

«Serve intanto una struttura più agile. Bisogna snellire la burocrazia e puntare su dirigenti giovani e di talento. Voglio più persone sul territorio, se necessario».

Gli sprechi: dove sono?

«Già è stato fatto molto. Ma possiamo fare ancora di più. Penso alle gare o ai dispositivi medici e ai farmaci: le esigenze terapeutiche sono indiscutibili, ma se ci sono equivalenze (farmaci che costano meno di altri, non sono di ‘marca’, ma hanno lo stesso principio attivo, ndr) vanno applicate».

Spesso ci sono uffici doppi. Non è una perdita di tempo e denaro?

«Sì, infatti vanno unificati, ove possibile, servizi tecnici e amministrativi. I direttori generali devono superare tutte le timidezze. Razionalizzare è possibile, ma bisogna mantenere la sicurezza e la qualità delle cure».

Ci sono pure reparti-doppione. Vuol dire anche primari in più senza motivo. E soldi che i cittadini pagano... senza motivo.

«Infatti, ora che abbiamo una squadra nuova, toccherà ai direttori delle aziende stabilire chi fa cosa e rivedere la rete degli ospedali. Bologna e Modena, ad esempio, hanno ospedali grandi e dovranno cancellare le duplicazioni senza senso insieme con sindaci e territori».

Torniamo alla rete degli ospedali. Chiuderà quelli piccoli?

«Non ci saranno chiusure, ma trasformazioni. Ogni territorio deve indicare le proprie eccellenze».

Parliamo di strutture sotto gli ottanta posti letto: che fine faranno?

«Per offrire la migliore qualità possibile, bisogna scegliere dei poli di eccellenza. Tutti non possono fare tutto, è un processo inevitabile. E un ospedale piccolo non può essere pronto come uno grande».

Ma siete sommersi dalle proteste per i punti nascite: la chiusura di Porretta Terme, nel Bolognese, ne è un esempio. Si può tornare indietro?

«No, non vogliamo far diventare una tragedia uno degli eventi più felici della vita».

Ma la gente non vuole sentire ragioni.

«Discuteremo e spiegheremo. In molti altri Paesi la mortalità infantile è molto più bassa».

Sta lavorando su futuri risparmi. Ma i dirigenti ricevono premi a pioggia. Anche lei l’ha ricevuto.

«Intanto ricordo che finora è stato affrontato il 2013 e noi siamo responsabili del 2015».

Quindi?

«Le valutazioni appiattite non mi sono mai piaciute nemmeno quando facevo il direttore generale e la scelta non era mia. Premiare il merito, fissare paletti reali, stabilire un’asticella sotto cui non si accede alla retribuzione per un determinato risultato, è giustissimo».

Sui premi relativi al 2014?

«Credo che il presidente Stefano Bonaccini interverrà».

Alcuni dirigenti sono anche indagati (l’ex capo di Ferrara Gabriele Rinaldi; Tiziano Carradori, prima in assessorato e ora a Cona, si avvia al processo, ndr) e ricevono premi. Le pare corretto?

«Ripeto: noi partiamo nel 2015 con le nostre valutazioni. E ritengo doveroso un ripensamento di queste retribuzioni. Di sicuro, i direttori capiscono le difficoltà del momento e non si tireranno indietro».

Alcuni territori stanno subendo grandi trasformazioni. Penso a Modena, travolta dalle inchieste sul Policlinico e dalle tensioni che hanno portato a Bologna Licia Petropulacos.

«Dopo un iniziale impatto, la direttrice ha fatto un grande lavoro e ora la struttura è riavviata. Di sicuro l’azienda ospedaliero-universitaria si misurerà con le scelte dei primariati. E ha grandi punti di forza: penso all’oncologia o alla chirurgia vascolare. Modena può riprendere il suo sviluppo».

A Ferrara invece la situazione non è delle migliori: come risolverà la grana dell’ospedale di Cona? La struttura si sbriciola e i cunicoli servizi sono malridotti.

«L’ospedale è avviato e funziona, inoltre ci sono settori su cui la comunità ferrarese può eccellere, anche in relazione con Bologna. Sul fronte della manutenzione, mi risulta sia a carico dell’impresa. La direzione aprirà un confronto e, se ci saranno cose da ridiscutere, lo farà sicuramente».

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