Papa Francesco, il bisogno di assoluto oltre le emozioni

Bologna, 1 ottobre 2017 - Attesa febbrile, sintomi diffusi di un’emozione collettiva. "Ma tu ci vai a vedere il Papa?": la domanda ricorre nella Bologna che fu papalina come nella Romagna che fu anarchica. Arriva il Papa, andare a "vederlo" è il desiderio di molti. Come si spiega questo interesse? A cosa rispende questa passione? Non è solo curiosità, non è solo la voglia di partecipare all’'evento', non è solo il fatto che il Papa, questo Papa, ha molto del ‘personaggio’ e i personaggi attirano naturalmente l’attenzione dei più.

Nell’epoca in cui le chiese perdono fedeli e il clero mano d’opera, in un’epoca secolarizzata in cui il senso del noi è stato scalzato dalle ambizioni dell’io, resta comunque forte quel bisogno primario che da sempre scuote l’anima e interroga la ragione degli uomini: il bisogno di assoluto, di trascendenza, di spiritualità.

Bisogni del genere appartengono a tutti, credenti e non. Illustri filosofi del passato ci hanno spiegato che «Dio è morto», ma persino i capostipiti del culto della dea Ragione, persino giganti del pensiero illuminista come Voltaire e Rousseau avevano ben chiara l’impossibilità di sradicare il sentimento religioso dall’animo umano.

"Quando il cielo si svuota di Dio, la terra si popola di idoli", ha osservato un noto teologo svizzero (Karl Barth). E se così stanno le cose, forse è meglio coltivare, secondo tradizione nazionale, la fede in Dio piuttosto che sottomettersi a nuovi e casuali idoli mondani. Certo, l’epoca incoraggia al sospetto verso tutti gli apparati, tutte le nomenklature. Ed è anche questa una delle ragioni della popolarità di papa Francesco, il fatto d’essere in evidente conflitto con parte delle gerarchie vaticane. Un Papa ‘popolare’ che oggi, tra Bologna e Cesena, incontra il suo popolo.