Sanità, l’Ausl Romagna limita gli esami di laboratorio

Lettera a tutti i medici di base con 12 ‘raccomandazioni’

Un paziente viene sottoposto  a un esame medico specialistico

Un paziente viene sottoposto a un esame medico specialistico

Cesena, 29 maggio 2015 - Viene presentata come «una proposta operativa... che si pone l’obiettivo di migliorare l’appropriatezza nelle richieste degli esami», ma sono diversi i medici di base che l’hanno interpretata come una limitazione alla possibilità di effettuare gli esami di laboratorio più appropriati per arrivare a una diagnosi corretta.

Stiamo parlando di una lettera che Marcello Tonini, direttore generale dell’Ausl Romagna, ha inviato dieci giorni fa a tutti i medici di base delle tre province romagnole: due pagine per spiegare che «la gestione centralizzata a Pievesestina delle analisi laboratoristiche su materiali biologici ha consentito negli ultimi anni di migliorare gli standard qualitativi delle prestazioni, contenendo i costi di produzione, ma ha anche offerto l’opportunità di confrontare i comportamenti prescrittivi dei professionisti che operano nell’area della Romagna, sia a livello ospedaliero che del territorio».

Secondo il direttore generale dell’Ausl Romagna ci sarebbero «significative differenze nei volumi e nelle tipologie degli esami» nelle diverse zone dell’Azienda Usl, ma non dice dove ci sono prescrizioni superiori alla media e dove si prescrive meno. Si dice, invece, che «è su questo fenomeno che riteniamo necessario intervenire, sempre con la finalità di garantire la qualità dell’assistenza offerta alla cittadinanza, a un costo economico sostenibile, con una proposta operativa studiata dai medici specialisti del Laboratorio centralizzato».

Segue un elenco di 12 «raccomandazioni che chiediamo di applicare in modo puntuale». Ancune di queste saltano agli occhi anche di un profano: al punto 2 dice ai medici di «non richiedere gli esami di funzionalità tiroidea se non in caso di fondato sospetto clinico». E se il medico avesse solamente un dubbio? Niente da fare.

Alcune «raccomandazioni» fanno riferimento a precedenti indicazioni della Regione che avidentemente non venivano seguite in modo adeguato da tutti i medici.

Un altro punto che salta agli occhi è quello che riguarda il Psa, l’esame che rivela eventuali malattie della prostata. Secondo l’Ausl Romagna non bisogna «richiedere il Psa prima dei 55 anni (nei soggetti non a rischio aumentato), dopo i 69 e quando l’aspettativa di vita è inferiore a dieci anni» come indicato dall’American Urologic Association nell’aprile 2013. Insomma, se un povero cristo è male in arnese e ha buone probabilità di morire entro dieci anni, inutile cercare di capire se ha anche un tumore alla prostata.