Cesena premia Schachner e Vicini. Tremano gli ultras nerazzurri

La sconfitta di rigore ha guastato una grande domenica bianconera

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Cesena, 27 ottobre 2014 - Curva Ferrovia. Interisti stipati come sardine dentro la scatoletta. Tra una sciarpa e una bandiera si sente dire ‘Ma senti come canta il Cesena’. Nell’altra metà del cielo calcistico, la curva Mare, le sciarpate e gli inni sono la colonna sonora dello stadio. La popolazione interista – oltre 6mila tifosi ieri al Manuzzi – rende un silenzioso omaggio, nonostante i cori contrari, al vigore degli avversari. Il cuore della Romagna è un battito unico. L’Orogel Stadium è una bomboniera che già verso le 16.30 si riempie in ogni ordine e posto. L’area dello stadio è divisa dalla muraglia delle forze dell’ordine. Le due tifoserie hanno ruggini antiche. Due fiumi visti dall’alto, fatti di teste e sciarpe arrivano al lago.

Lo stadio. In tribuna, tra un vip e l’altro, si notano mister Roberto Mancini (ormai affezionato a Cesena), Alberto Zaccheroni e Azeglio Vicini. L’ex ct azzurro è così amato nella sua città da ricevere, ieri, la nomina a consigliere onorario della società del Cavalluccio. La sua discesa in campo sembra quella di un generale romano: con lui tutto il consiglio d’amministrazione del Cesena e l’ovazione del pubblico. Il tempio del pallone si inchina al suo eroe. Lo stadio è illuminato a giorno. I piadinai sfornano dischi di piadina e le birre scorrono come una cascata. Serata di stelle.

A fine primo tempo lo stadio plaude all’incrocio di due bandiere. L’ex Giampiero Ceccarelli premia il bomber più amato nella storia di questo spicchio di Romagna: Walter Schachner. Due stagioni in bianconero, gol a grappoli e la dedica dei tifosi scolpita nella roccia. Lo striscione recita: Walter unica bandiera straniera nella Romagna bianconera. L’applauso lo consegna all’epica del calcio. Roba da semidei che hanno il compito di arroventare il sogno dei tifosi. Il campo dice che l’Inter se la deve sudare da pazzi. I cesenati sono su ogni pallone e il ruggito della Mare penetra i timpani del tifo biscione. ‘Urca, questo Cesena...’. “Se non stiamo attenti, Madunina, qui ci lasciamo le penne”. La legge del campo parla per tutti. La massa nerazzurra è un corpo unico che ondeggia in cerca del suo eroe. Lo trova nel calcio di rigore che deciderà la partita.

Sulla via del ritorno il popolo dell’Inter intona qualche canto. La metà di Milano che ancora si gode il triplete esce frastornata e la coda delle macchine saluta Cesena, piadina in mano e birra nell’altra, con la consapevolezza di essersela sudata. In campo. Sugli spalti. Tra le pagine della storia calcistica dipinta da Vicini e bomber Schachner. Si spengono le luci. Il Manuzzi–Orogel Stadium rimane solo, come ogni tempio che si rispetti, sempre più amato dal suo popolo e sempre più rispettato dai giganti. Il Cesena però ha perso. La festa è rovinata. La città ha fame e alla radio, incolonnati sulla via Emilia, si parla della faticaccia dell’Inter, magra consolazione per i bianconeri.