Cesena, 25 giugno 2010 - UN PADRE e un figlio stanno lavorando insieme sul braccio di una gru. Il figlio è davanti, all’estremità, il padre pochi passi più indietro. Il braccio cede e i due cadono. Il figlio precipita a terra e rimane gravemente ferito; il padre finisce sul tetto di una capannina di lamiera e non si alza più.

Un padre che muore a pochi passi da un figlio che chiede aiuto. La gru rossa è al centro di un piazzale bianco di ghiaia e quando mancano pochi minuti alle nove, nel cantiere di via dei Covoni a San Cristoforo a Cesena al lavoro ci sono tre persone. Alessandro Orecchino Marra e il figlio Yuri sono su uno dei due bracci metallici.

Stanno ultimando le operazioni di manutenzione del grosso macchinario edile trasportato nei giorni scorsi all’interno dell’area dove sta lavorando l’impresa edile Sace di Calisese, alle prese con la realizzazione di un lotto abitativo. I due però non lavorano per la Sace: il padre è il titolare della Gesmar, un’azienda di Campiano che si occupa di montaggi, smontaggi, assistenza e riparazioni di gru e altre attrezzature edili e il figlio lavora con lui. Devono montare la gru e attestarne il corretto funzionamento, poi il loro lavoro finisce.


INSIEME ai due c’è un’altra persona, un dipendente di Sace, addetta al funzionamento di un generatore di corrente montato su un camion: nell’area l’energia elettrica non è ancora disponibile e dunque il macchinario serve a consentire le operazioni di montaggio in corso d’opera.


In quel momento, mentre l’operaio è dietro al camion, il braccio della gru cede. Padre e figlio precipitano da circa 7-8 metri d’altezza. La richiesta d’aiuto è immediata e sul posto si precipitano l’elicottero del 118, due ambulanze e un’automedica. Arrivano anche i vigili del fuoco di Cesena, che portano le scale per raggiungere il tetto della capanna. I sanitari tentano di tutto, arrampicandosi insieme ai pompieri per provare a rianimare l’uomo, 58enne residente a Campiano dove ha sede anche la sua attività. Non c’è nulla da fare.


Sotto c’è il figlio che ha 28 anni, è rimasto cosciente: è ferito gravemente e grida ai medici di aiutare suo padre. Lo caricano in barella e l’ambulanza corre via verso l’ospedale Bufalini. Ora è in rianimazione e lotta per la vita. Nell’area del cantiere arrivano anche le volanti del commissariato di polizia, il personale della medicina del lavoro e il pubblico ministero Alessandro Mancini.


C’È DA CAPIRE cosa abbia causato la tragedia. Per il momento, in attesa dei riscontri ufficiali, ci sono solo le ipotesi e una delle più probabili pare essere quella di un cedimento che potrebbe essere stato causato dalla rottura o dalla fuoriuscita di un perno che serviva a tenere ancorato il braccio alla sommità della gru. I sanitari intervenuti per primi sul posto avrebbero trovato i due ancora allacciati ai cinturoni che è obbligatorio indossare durante gli interventi di manutenzione di questo tipo. Sembrerebbe dunque che le norme di sicurezza sul lavoro siano state rispettate. Resta la tragedia e resta il dolore di una famiglia distrutta. La vittima era padre anche di un altro ragazzo, Cristian.


«Che devo dire davanti a questo? — si chiede un responsabile della Sace — non c’è nulla da dire. La gru aveva superato la revisione pochi giorni fa, non erano stati riscontrati problemi. E poi è successo quello che è davanti ai nostri occhi. Le cause? Le ipotesi? Non lo so, proprio non lo so».


Il rumore è stato udito da tanta gente della zona: «Ero a casa — racconta un uomo che dalle finestre della propria abitazione ha la completa visuale sull’area — e mi sono subito affacciato. Lo schianto è stato terribile; sono un volontario della Croce Rossa e sono corso sul posto per vedere se potevo dare il mio contributo. Da casa vedevo solo il braccio della gru piegato, non le persone. Il 118 è arrivato prima di me e quando sono giunto io, i medici stavano già facendo il loro lavoro». La gru, che pare avesse alle spalle dieci anni di vita e fosse stata abilitata a lavorare anche per i prossimi cinque, era stata montata mercoledì.