Cesena, 28 ottobre 2010 - Uccidere Eleonora, l’ex convivente. Così dopo il lavoro è passato da casa, ha uncinato un coltello da macellaio con una lama di venti centimetri, se l’è infilato tra i calzini e gli stivali e poi è partito per Villalta di Cesenatico, obiettivo ‘Madame Cafè’. Uccidere Eleonora, questo il suo chiodo fisso. Questo il suo progetto; realizzato martedì alle sette di sera, dentro quel bar dove la donna stava prendendo un aperitivo con due colleghi di lavoro. Una decina di coltellate, ai fianchi e ai polmoni. L’ultimo fendente, quello letale, al collo. Una ‘sciabolata’ che ha squarciato la giugulare (stando a un esame cadaverico esterno del medico legale: per i dettagli bisognerà attendere l’autopsia). «L’ho fatto per una questione d’onore» ha detto Sokol agli investigatori subito dopo l’arresto.
 

Gli inquirenti  ne sono convinti: Sokol, 39 anni, albanese, elettricista, ha premeditato l’omicidio della sua ex. Nella sua mente l’ha immaginato, architettato per settimane. Allo stato degli atti, l’assassinio di Eleonora Liberatore, 37 anni, madre di un ragazzo di 16, non è stato un delitto d’impeto. La lite, al bar, praticamente non c’è stata. Sokol ha avuto solo uno screzio col collega di Eleonora. Poi lui le ha sibilato: «Ti devo parlare». Un istante dopo, da dietro, ha colpito a morte la sua ex. Per questo l’ipotesi d’accusa, quando verrà certificata dal pm Marco Forte all’atto della convalida d’arresto, sarà quella di omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione.
 

Per adesso gli investigatori restano in attesa che si stabilizzino le condizioni di Sokol. Che dopo aver lasciato Eleonora in un lago di sangue scappa verso i campi. S’arrampica a un traliccio dell’Enel. Cerca di uccidersi. Vuole morire fulminato; cade, non ci riesce. Pochi minuti prima delle 20 un passante lo trova a terra. Poi arrivano i carabinieri; Sokol sussurra i motivi del suo gesto e sviene. Ora è in prognosi riservata al Centro Ustioni del Bufalini. Non dovrebbe essere in pericolo di vita, rischia però l’amputazione di un braccio bruciato dai fili dell’alta tensione. Per ora non può essere interrogato. E tutto questo blocca l’autopsia di Eleonora: tra i diritti della difesa c’è infatti quello di nominare un perito di parte.

"Mi faccia fare una telefonata": queste le parole di Sokol al passante che l’ha raccolto l’altra sera, di fianco al traliccio dell’Enel. Ha poi chiamato il suo datore di lavoro che per lui è un padre: "Ho fatto una fesseria, ho ucciso Eleonora. Domani non potrò venire al lavoro".
 

"Un uomo mite, gran lavoratore ma distrutto dall’improvviso abbandono di Eleonora": questo ha detto ai carabinieri il datore di lavoro di Sokol. Che 4 anni fa aveva rapito il cuore di Eleonora. Tanto che lei lascia marito e figlio a Meldola — dove s’erano sposati nel 2004 — e va a vivere con Sokol nel centro di Cesena. Mai un guaio con la giustizia, per Sokol, in Italia da 14 anni. Poi nel giugno scorso Eleonora lascia l’albanese. Dice d’essersi innamorata di un altro (il nuovo fidanzato è arrivato al ‘Madama Cafè’ dieci minuti dopo il delitto). "Se Sokol picchiava Eleonora? Macché, andavano d’accordissimo» ha detto un amico dei due ai carabinieri. Non risulta che Sokol, dopo la rottura, abbia molestato Eleonora. Contro di lui c’è una denuncia da parte lei per lesioni: un ceffone quando la donna se ne è andata di casa. «Era disperato, Eleonora era la sua vita — hanno detto gli amici agli inquirenti —. Ma era impossibile pensare o prevedere una tragedia del genere".