Cesena, 11 gennaio 2013 - L’ULTIMO tragico caso è di qualche giorno fa, quando una 14enne di Novara ha deciso di buttarsi dalla finestra per via delle prese in giro dei coetanei sul web. Prima era stato Andrea, il ‘ragazzo dai pantaloni rosa’, a togliersi la vita a causa dei pesanti sberleffi in rete. Il cyber-bullismo sta dilagando nel nostro Paese di pari passo con il diffondersi della tecnologia a classi di età sempre più giovani. Dai luoghi fisici della scuola si passa a quelli virtuali dei social network. Ma la sostanza non cambia, con la differenza però che le immagini, i video e le frasi ‘postate’ su Facebook sono visibili a milioni di utenti. I ragazzi cesenati non sono immuni dal fenomeno, anche se per fortuna finora non si è assistito ad atti estremi.

Francesco Rasponi, psicologo-psicoterapeuta. In cosa consiste la sua attività nelle scuole cesenati?
«Da 5 anni lavoro come psicologo scolastico agli sportelli d’ascolto degli istituti superiori di Ragioneria, Itis e liceo Scientifico. Oltre a mettermi a disposizione degli studenti per parlare delle problematiche giovanili, è stato realizzato un progetto di prevenzione sull’uso delle nuove tecnologie in classe».


Cosa emerge da questi incontri con i ragazzi?
«I giovani sottovalutano alcuni aspetti pericolosi del web perchè si sentono protetti e nascosti dietro lo schermo, come se potessero dire e fare ciò che vogliono senza conseguenze, ma allo stesso tempo ciò che si legge su Facebook è tenuto da loro in massima considerazione. Gli studenti si sono meravigliati della leggerezza con cui immettono i propri dati personali senza pensare alle possibili conseguenze relative alla propria immagine e a quella degli altri. Sui social network i ragazzi si costruiscono una nuova identità online che per loro è molto significativa».


Nelle scuole cesenati i ragazzi le hanno mai raccontato di episodi di cyber-bullismo o di altri comportamenti sconvenienti sul web?
«Purtroppo di episodi di bullismo tramite nuove tecnologie negli ultimi anni ne ho sentiti parecchi. Mi vengono ancora i brividi a pensare a un fatto accaduto un paio di anni fa in un istituto cesenate, che l’ultima tragedia di Novara mi ha ricordato. Si trattava di un filmato di momenti intimi che ha girato per l’istituto sui telefonini per diverso tempo, comportando vergogna e senso di malessere nei protagonisti. O ancora ragazze che ‘postano’ su Facebook fotografie dai contenuti erotici che compromettono la loro immagine, facendole apparire come ‘facili’, provocando in loro uno stato di sofferenza. La lista dei casi è ancora lunga...».


I ragazzi vengono volentieri allo sportello dello psicologo?
«Gli adolescenti vengono da me molto di più di quanto si pensi. I principali argomenti di cui vogliono parlare sono le difficoltà scolastiche legate all’apprendimento e al rendimento e i problemi di relazione. Ma spesso vogliono parlare di loro stessi in merito alle preoccupazioni sulla famiglia, sul mondo affettivo e sul futuro. Purtroppo mi rendo conto che non vengono i ragazzi veramente bisognosi. Negli anni mi sono capitati anche casi tali da chiamare i genitori. Lo sportello funziona bene se viene promosso nel modo giusto prima di tutto dalle scuole».


Le famiglie e la scuola educano i ragazzi al corretto uso di social network e degli altri strumenti della rete?
«I genitori non hanno alcuna educazione su questi argomenti. Mentre la scuola è impegnata prevalentemente sui programmi classici di studio. Spesso non viene fatta sensibilizzazione all’uso dei social network. E dire che, come visto negli ultimi tragici casi italiani, ci sono questioni importanti su cui riflettere: la questione della privacy dei ragazzi, l’influenza dei videogiochi violenti, l’accesso quasi libero al materiale pornografico e anche il rischio di essere adescati online».


Cosa consiglia ai genitori?
«Di aggiornarsi sul mondo virtuale se vogliono essere educatori efficaci. Basterebbe andare su un qualsiasi motore di ricerca e digitare qualche parola chiave per avere l’abc di come comportarsi con i figli e il web. Consiglio loro di iscriversi a Facebook, così da entrare in confidenza col mondo dei social network. Ai genitori dei ragazzi molto giovani, che frequentano le medie o i primi anni delle superiori, direi di accompagnarli alla scoperta di internet e di passare del tempo con loro al computer, spiegando quali sono ipotenziali pericoli della rete. Per mamme e papà dei ragazzi più grandi non ho dritte particolari, perchè è già troppo tardi per intervenire. Per questo è importante fare prevenzione».
 

di Elisabetta Zandoli