Sogliano al Rubicone (Cesena), 22 marzo 2014 - LA DOMANDA riaffiora come un fiotto di memoria dal fondale di quel pozzo a Ginestreto: le ossa sono i resti del povero Alessandro Fantazzini? «Le piste — dicono lapidari i Ris — sono tutte aperte». Gli investigatori non si sbilanciano ma sono pronti a battere tutte le strade. Una in particolare: quella che potrebbe portare a Fantazzini. Alessandro aveva 28 anni e viveva ad Anzola dell’Emilia quando, la sera del 17 gennaio 1986, al rientro da una serata a Bologna, fu rapito sotto casa. Un nugolo di ombre gli fu addosso. Poi il silenzio e tracce di sangue. Una fiamma di speranza si accese solo un mese e mezzo dopo. Era l’Anonima sequestri: «con due miliardi Alessandro torna a casa». I miliardi furono pagati ma Alessandro, a casa sua, non è mai tornato.

Adesso spetta alle lenti del laboratorio del Ris dare un nome a quei resti. Riconsegnare un’identità al Dna conservato in quelle ossa. «Se le ipotesi sono congruenti, si procede...», spiegano dalla sede del Ris di Parma, a proposito di quei resti umani ritrovati mercoledì in un pozzo in zona Ginestreto, a Sogliano. Dentro un pozzo tra i rovi e i misteri che rimarranno tali fino a quando gli specialisti del Ris non avranno i dati, certi, su quelle ossa mangiante dalla melma e dagli anni. Ossa, resti di ossa, custodite da almeno due decenni nelle viscere di quel posto isolato. Ma torniamo a quel «si procede». «Una volta chiarito — spiegano, con cautela e dovizia di particolari, i Ris — che si tratta di resti umani, procediamo con il prelievo del Dna e con il raffronto dei dati. Se c’è congruenza beh, chiaro, si passa alla verifica con i famigliari della persona alla quale possono essere attribuiti i resti».

Il passaggio successivo proporrà la prova del tampone osseo con la sorella ancora in vita di Alessandro, Elisabetta Fantazzini. Gli investigatori confermano che si tratterebbe di pezzi di ossa umane. I Ris non si sbilanciano. «Appena avremo il materiale sotto mano — spiega l’investigatore — ci muoveremo per esclusione». Le ossa sembrano appartenere a un uomo, di corporatura mediamente robusta. Un ragazzo di circa venticinque la cui storia potrebbe essere affondata in quella voragine nera una ventina di anni fa. Il padre di Alessandro, Venusto, morì poco dopo di crepacuore e la mamma, Renata Gaiba, si spense dopo anni di lacrime e di battaglie. Ora, in quel pozzo, galleggia la domanda: a chi appartengono quelle ossa?

Mattia Sansavini