Cesena, 20 aprile 2014 - Marisa Degli Angeli ha un desiderio. Stimolare nel cuore di tanta gente un’eco che, per un attimo, possa rinnovare il ricordo di una giovane donna la cui esistenza si è persa misteriosamente nel buco nero degli scomparsi. Ricordate ‘Questo piccolo grande amore’ di Claudio Baglioni? Era la canzone preferita di sua figlia Cristina, uscita di casa 1° settembre 1992, a 21 anni, e perduta in un buio fitto e tagliente. Marisa vorrebbe che Baglioni, atteso sul palco del Palasport di Forlì domenica 4 maggio, la cantasse dedicandola a Cristina, ai suoi giorni brevi, alla sua storia tragica e ancora irrisolta. 

E intanto parla di lei, ancora e sempre di lei, questa madre che porta un fardello immenso e cerca ogni giorno di incanalare nella carità la sua pena mai sopita. Cristina è dappertutto nella casa di Ronta adagiata tra i campi, sotto un sole che rende incongruente il dolore della sua assenza. E’ nelle foto, nei manifesti, negli oggetti, tra i visi degli altri scomparsi a cui Marisa Degli Angeli dedica oggi le sue energie. Giovanni Ghinelli, Fabrizio Andalò, Primo Zanoli, Paolo Barilli, Adamo Bardini, Milena Pirini, Emanuela Teverini, Michele Benazzi, i volti e i nomi di chi come Cristina Golinucci è scomparso nel nulla, sono fissi sui tazebao appesi ai muri della casa di Ronta. Anche per tutti loro Marisa Degli Angeli tesse la tela dell’attesa, quella dell’Associazione Penelope nella quale è attiva da una decina di anni.

Quale aiuto può dare una persona come lei che ha vissuto il dolore devastante della scomparsa di una figlia?
«Quello dell’ascolto. Purtroppo sia nei primi drammatici momenti in cui partono le ricerche e le indagini, sia quando si attenua l’attenzione degli inquirenti e dei media, il problema di chi resta è che nessuno li ascolta mai abbastanza. E invece bisognerebbe tenere gli orecchi ben aperti a quanto dicono i familiari. Ma c’è anche un altro ascolto che è molto importante, quello del dolore dei congiunti, del bisogno di confrontarsi, soprattutto quando il buio sembra totale. Bisogno aiutarli a coltivare la speranza, altrimenti non possono farcela a superare il momento».
Ci sono casi che siete riusciti a risolvere?
«Recentemente abbiamo collaborato, attraverso il bracciale collegato con un Gps, al ritrovamento di un’anziana signora. E’ una gran gioia quando questo succede. Molte delle persone scomparse si allontanano spontaneamente dalle loro case e, forse, non vorrebbero essere rintracciate… Anche se sono fuggiti, i congiunti hanno il diritto di sapere, poi possono decidere di fare quello che vogliono. Basterebbe che i familiari potessero essere informati che stanno bene. In alcuni casi, poi, chi scompare spontaneamente, fugge dalle proprie responsabilità. E questo non è giusto».
Quali altri sono gli impegni dell’Associazione Penelope che la riguardano?
«Ci impegnamo perché l’attenzione sui casi irrisolti non sia mai spenta, indirizziamo i familiari alle trasmissioni che ne parlano, li accompagnamo, organizziamo incontri».
E a lei, cosa dà l’impegno nell’Associazione?
«E’ fondamentale per sopravvivere, per non soccombere al dolore. Aiutare gli altri, concentrarsi nella carità, è l’unica ragione di vita. Ci sono stati momenti in cui ho notato che alcuni conoscenti evitavano di incontrarmi. Li capisco, in un certo senso io porto dolore. Eppure incontro ancora persone che mi dicono di aver conosciuto Cristina, per me questo è ossigeno».
Qual è stato il momento più duro nella scomparsa di sua figlia?
«La stessa sera. E’ uscita di casa al mattino, ciao mamma ci vediamo stasera, ha detto. Non l’ho più vista. Non sapevo, ma capivo che doveva essergli successo qualcosa di terribile. Nonostante il tempo passato e l’angoscia tremenda, di quel momento ricordo tutto con chiarezza».
Lei ha detto più volte che non dimentica, poiché sarebbe come cancellare sua figlia, ma la speranza c’è ancora?
«No, non c’è più. Ma combatterò ancora per la verità».
Dove la immagina, oggi, sua figlia Cristina?
«Penso che sia morta, probabilmente il giorno che è scomparsa, spero solo che non abbia sofferto, che non sia stata violentata».
Cosa l’aiuta a sopportare i tanti lutti della sua famiglia? Ossia, dopo la scomparsa di Cristina, prima è morto suo padre, poi suo marito e, infine, suo fratello, deceduto in modo drammatico.
«La fede. Domani è Pasqua (oggi per ci legge. Ndr) e sa cosa mi fa felice? Che è ospite da me la mia zia suora, una dei nove fratelli di mia madre. Pregheremo insieme che si abbia la forza di andare avanti confidando nel Signore».
Com’è oggi la sua vita?
«Penso al passato, al lavoro come domestica da quando avevo 14 anni, al lavoro nei campi per 30 anni con mio marito e a questa tragedia che ci ha segnati tutti per sempre. Mi salva solo l’impegno per gli altri. Mi basta sentirmi utile».

Elide Giordano