Cesena, 12 maggio 2014 - Nell’era dei "tarocchi" non si può mai star tranquilli, neanche a tavola. Dopo scarpe e borse adesso anche le mozzarelle finiscono nelle grinfie dei falsari di professione. Lo sanno bene i carabinieri della Compagnia di Cesena che ieri, all’alba, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Ileana Di Caprio, una biologa di 35 anni originaria del casertano, da poco tempo domiciliata a Cesena. L’accusa per la professionista è di quelle pesanti: aver contribuito all’alterazione del prodotto caseario venduto per mozzarella di bufala Dop ma, in realtà, preparato anche con latte vaccino, tra l’altro di dubbia provenienza. Questo, almeno, il reato indicato nell’ordinanza di ben 350 pagine consegnata ieri mattina dai militari alla donna che è stata sottoposta alla misura degli arresti domiciliari.

La sua immediata reazione è stata di sorpresa e sconcerto poiché avrebbe dichiarato ai carabinieri che le mettevano le manette di aver lavorato solo per pochissimo tempo presso l’azienda incriminata, vale a dire la "Cantile" di Sparanise, in provincia di Caserta, di proprietà di Guido Cantile, 58 anni, e dei suoi figli Pasquale e Luigiantonio. L’arresto della biologa s’inserisce nell’ambito di un’operazione del nucleo investigativo dei carabinieri di Caserta che ha coinvolto altre 12 persone. Agli indagati vengono contestati svariati reati tra cui quello di associazione per delinquere, frode nell’esercizio del commercio, lesioni colpose conseguenti a infortuni sul lavoro e smaltimento illecito di rifiuti.

In pratica il caseificio, che conta anche sei punti vendita tutti attualmente sotto sequestro e che annovera tra i propri clienti anche catene della grande distribuzione, secondo l’accusa preparava le mozzarelle contravvenendo alle regole del disciplinare di produzione e – cosa ben più grave – utilizzava materie prime che non venivano sottoposte al previsto autocontrollo sanitario. A quanto pare le partite di latte e di cagliata spesso erano acquistate all’estero da alcune società di comodo francesi, polacche e ungheresi che oltre a fornire prodotti scadenti li facevano risultare di provenienza italiana, alterandone i documenti di trasporto. Specifici esami eseguiti durante le indagini sul latte contenuto nei silos, hanno rilevato una carica batterica di duemila volte superiore a quella consentita, “tale da far ritenere il prodotto finale addirittura potenzialmente nocivo per la salute pubblica” si legge in una nota del procuratore aggiunto di Santa Maria Capua Vetere, Raffaella Capasso. Per questo motivo sono finiti in manette anche alcuni veterinari della locale Ausl addetti ai controlli e due biologhe, tra cui quella arrestata a Cesena. I Cantile, inoltre, contravvenivano alle norme per lo smaltimento dei rifiuti scaricando i residui della lavorazione negli impianti fognari o nei condotti che conducono a corsi d’acqua vicini all’impianto di produzione.

Cecilia Gaetani