Cesena, 30 novembre 2016 – I sondaggisti non ne azzeccano più una. Le primarie del centrodestra in Francia con la vittoria a sorpresa di Fillon, le elezioni americane con il successo di Trump… Sono solo gli ultimi due grandi flop di chi aveva il compito di prevedere i risultati delle consultazioni politiche.
Prevedere come la gente si esprimerà nel segreto dell’urna elettorale è sempre più complicato e per i politici diventa sempre più importante saperlo. Un po’ come le grandi catene della Gdo vorrebbero sapere cosa influenza la scelta di acquisto dei consumatori, per carpire i segreti di come sfruttare quella spinta emozionale, irrazionale e inconscia che c’è nel momento in cui si prende un prodotto dallo scaffale e lo si ripone nel carrello della spesa.
Per essere sicuri di capire questi meccanismi bisognerebbe leggere nel cervello dei consumatori ed è proprio quello che hanno fatto due società di ricerca, la romagnola Agroter e la romana BrainSigns, che hanno promosso il primo esperimento di brainmarketing in Italia applicato all’ortofrutta. I risultati di questo studio innovativo saranno presentati il 2 dicembre a Milano durante l’evento “Marketing Revolution – La sfida digitale”. I ricercatori hanno effettuato un test direttamente nel punto vendita, dotando un campione di consumatori del caschetto per la rilevazione delle onde cerebrali e sfruttando l’eye-tracker, lo strumento che monitora lo sguardo di chi lo indossa. Analizzando tutti i dati registrati si vuol capire perché si sceglie un prodotto piuttosto che un altro, quali sono i fattori che emozionano maggiormente e quindi quali gli elementi su cui puntare per incrementare le vendite.
«Posizionamento, richiami visivi, colori, sono fattori decisivi che possono attrarre l’attenzione del consumatore e coinvolgerlo in modo più o meno completo», spiega Roberto Della Casa, docente di marketing all’Università di Bologna e direttore di Agroter. «Tutte caratteristiche per le quali frutta e verdura eccellono, sia in termini di quantità che di qualità. Tramite il brainmarketing è possibile quantificare la percentuale di sguardi del consumatore verso un prodotto e questo offre molteplici applicazioni, come il confronto tra brand, prodotti, packaging».
Dai primi risultati emerge l’importanza di un collegamento tra prodotto e produttore; l’interesse del consumatore cresce in maniera proporzionale alla proposta di un prodotto associata a immagini legate al produttore o alla presenza fisica di un agricoltore nel punto vendita: la presenza di stimoli visivi come volti di agricoltori o paesaggi bucolici influenzano subliminalmente la propensione all’acquisto.
Il brainmarketing è dunque un’arma importante per capire il mercato e studiare strategie che possano veramente colpire i consumatori. «Pensiamo a un punto vendita e all’affollamento di prodotti – sottolinea Fabio Babiloni, professore di Neuroeconomia all’Università Sapienza di Roma e direttore scientifico di BrainSigns – in questo ambito le informazioni ottenute dalle tecniche di brainmarketing divengono fondamentali perché consentono di dire con più chiarezza quello che il consumatore cerca o vuole sapere. In altre parole di ottenere risposte senza fare le domande».
Tecniche che, se applicate anche ai sondaggi politici, eviterebbero certe figuracce.