Dario Fo, il ricordo di Venturelli. "Lo conobbi grazie alle mosche"

L'entomologo cesenate innamorato dell'arte: "L'ho sentito quattro giorni fa, per tutti io ero il suo amico scienziato"

Claudio Venturelli assieme a Dario Fo (Ravaglia)

Claudio Venturelli assieme a Dario Fo (Ravaglia)

Cesena, 15 ottobre 2016 - Nugoli di mosche che ronzano intorno a una casa, esasperanti e impossibili da tenere a bada. Era l’estate del 1989 quando Dario Fo, asserragliato nella sua abitazione di Sala di Cesenatico, decise di chiedere aiuto all’Ausl per risolvere i suoi problemi con gli insetti. Qualche telefonata ed ecco che al campanello suona un entomologo trentenne, Claudio Venturelli. Una stretta di mano e un saluto cordiale. Così è cominciata un’amicizia vera e profonda, durata oltre un quarto di secolo, fino a giovedì mattina, quando il premio Nobel ha tolto il cappello, dicendo addio al mondo. Oggi a Milano verrà celebrato il funerale.

Venturelli, lei ci sarà?

«Certo, voglio andare a dire addio a un grande uomo, che è stato un amico straordinario».

Vi siete conosciuti per colpa degli insetti. Un inizio inconsueto.

«Andai a casa sua e di Franca per un sopralluogo. Fu subito cordiale, mi invitò a prendere un the e io accettai, prima di andarmene per studiare il da farsi. Il caso volle che proprio dal giorno dopo le mosche se ne andarono. Scomparvero e non tornarono più. Lui mi chiamò, esterrefatto. Gli risposi che non avevo fatto niente, ma lui non mi credette. Da allora divenni quello a tutti presentava come ‘il mio amico scienziato’».

Vi sentivate spesso?

«Ogni volta che veniva a Cesenatico mi chiamava, dicendomi che gli avrebbe fatto piacere incontrarmi. Ovviamente il piacere era reciproco».

Ha partecipato anche a qualche suo spettacolo?

«Mi contattava come consulente legato al mondo degli insetti. Io citavo il lato scientifico, ma lui mi zittiva subito, replicando che era un attore e che non voleva perdersi nei meandri degli studi di laboratorio. L’unica che aveva diritto di veto era la moglie Franca. Una volta gli regalai dei fumetti sui nativi americani che avevo trovato in Cile. Li utilizzò come spunto per una sua opera».

Anche a lei piace stare sul palco.

«E’ vero, il teatro è una passione che mi accompagna da sempre. Tra l’altro il primo spettacolo che misi in scena era proprio ispirato a un’opera di Fo».

Quando vi siete sentiti l’ultima volta?

«Quattro o cinque giorni fa. Tra poco andrò a Milano a presentare un progetto sulle zanzare e lui doveva intervenire. Gli avevo suggerito di restare a casa, che tanto sarei passato io a salutarlo. Ma lui aveva replicato di voler fare di tutto per venire».

Non potrà esserci.

«Andrò io da lui. Voglio arrivare presto, salutare il figlio Jacopo».

Anche le vostre famiglie si conoscevano?

«Mi figlia Gaia lo chiamava zio Dario. Una volta gli inviò un ritratto, Fo telefonò per ringraziare e se la prese con me, che avevo insistito per mandarla al liceo scientifico invece che a quello artistico, come voleva lei».

Esiste anche un Venturelli scrittore, quello che ha firmato ‘Questione di Culex’, con la prefazione di Dario Fo.

«Il libro parla delle zanzare. Scrisse la prefazione un pomeriggio, a Cesenatico, davanti a me. Abbiamo trascorso tanto tempo insieme, qui in Romagna, a Milano e in chissà quanti altri posti, compresi festival ed eventi di ogni genere. Io, col mio maglioncino, in mezzo a vip elegantissimi. Faceva sempre lui le presentazioni: da una parte c’era una stella del cinema, dall’altra Claudio Venturelli...». «Il mio amico scienziato».