Meningite, fa paura, ma in pochi si vaccinano

Angelini dell’Ausl: «Basta con la diffidenza»

359E1416-3375667_WEB

359E1416-3375667_WEB

BASTA POCO, magari un colpo di tosse. La testa di ponte sono le gocce di saliva, la trasmissione è aerea, i rischi per chi si ammala alti. I crescenti casi di meningite che stanno colpendo la Toscana hanno fatto salire la soglia di allerta anche tra le famiglie cesenati, che in questi giorni con sempre maggior frequenza si stanno rivolgendo ai rispettivi medici di base per chiedere consigli su come debellare i rischi di contagio.

«Parlare di meningite - spiega Raffaella Angelini, direttore del dipartimento di sanità pubblica dell’Area Vasta Romagna - significa inglobare una vastità di patologie che riguardano le meningi, le membrane che rivestono il cervello. La prima differenza da fare è tra quelle di natura virale, molto meno preoccupanti, e quelle batteriche, da combattere attraverso la somministrazione di antibiotici».

Queste ultime sono le più pericolose, quelle che nei casi più gravi possono portare al decesso. Colpiscono sia i bambini che gli adulti e i numeri forniti dall’Ausl indicano che dall’inizio del 2016 ad oggi sono stati registrati sei casi, fortunatamente nessuno dei quali ha avuto esiti mortali. Il tempestivo intervento può portare a significativi miglioramenti nel giro di qualche giorno, traguardo che però purtroppo non sempre viene raggiunto.

«Il metodo risolutivo - prosegue Angelini - è quello della vaccinazione. Una volta effettuata, la copertura diventa perpetua, il che vuol dire che non necessitano richiami, ma è importante non fare confusione, perché esistono diversi tipi di meningite batterica, ognuno dei quali necessita di un siero differente».

Fino a qualche anno fa la forma più diffusa era quella da emofilo, la cui diffusione è stata drasticamente abbattuta dalle campagne vaccinali, che vengono praticate entro il primo anno di vita. Nello stesso periodo di vita, con un’iniezione diversa, viene combattuto anche lo pneumococcco.

«Poi - Angelini entra nei dettagli - ci sono il meningococco C e B. Per il primo la vaccinazione esiste da tempo e si somministra a due anni. Per il secondo invece, meno diffuso ma ugualmente molto pericoloso, il vaccino è di più recente scoperta. Il nostro servizio sanitario ne predisporrà la somministrazione su larga scala a partire dal 2017. Le linee guida non sono ancora state diffuse, ma probabilmente sarà previsto nel calendario vaccinale (e dunque gratuito) entro il primo anno di vita e per le persone a rischio. Chiunque potrà comunque richiederlo a pagamento. Ovviamente ogni caso deve essere valutato dai medici di base o dai pediatri, ma il mio consiglio è quello di prendere in seria considerazione la possibilità di vaccinarsi, a prescindere dall’età».

Una raccomandazione che arriva anche con l’intento di esortare i cesenati a riavvicinarsi ai vaccini: «La Romagna in generale e Cesena in particolare registrano percentuali in calo. La soglia di buona copertura è il 95%, ma da queste parti i numeri attuali sono nettamente più bassi: restando sulla meningite, solo l’89% dei cesenati che sono stati invitati ha accettato di ricevere il vaccino antiemofilo, mentre per quanto riguarda il meningococco C il dato precipita al 77%. Dobbiamo cancellare la diffidenza della popolazione».

Luca Ravaglia