Profughi trasferiti a Macerone. E’ nuovo scontro con il prefetto

I sindaci della Valle del Savio tornano a puntare il dito sulla distribuzione dei profughi

Alcuni ragazzi africani in una struttura a Macerone

Alcuni ragazzi africani in una struttura a Macerone

Cesena, 21 ottobre 2016 - CI RISIAMO: i sindaci dell’Unione Valle Savio (Cesena, Bagno di Romagna, Verghereto, Sarsina, Mercato Saraceno, Montiano) ancora in campo contro la gestione dei profughi calata dall’alto. Puntano il dito su quanto è avvenuto a Cesenatico dove era stata aperta dalla Prefettura una nuova struttura d’accoglienza affidata alla Croce Oro, rapidamente chiusa, di fronte alle istanze del Comune di Cesenatico di non superare il limite dei 2,5 profughi ogni mille abitanti, indicato nell’accordo Anci - Ministero.

Il problema, rimarcano i protestatari, è che dei 15 ospiti della struttura, una parte è stata trasferita nelle strutture già attivate a Macerone e San Carlo. «Senza avvertire l’Unione dei Comuni e, soprattutto, senza tener conto che anche a Cesena quel limite è stato ampiamente superato», si lamenta il sindaco di Cesena Paolo Lucchi e con lui gli altri cinque colleghi.

in una lettera al Prefetto di Forlì – Cesena per esprimere il loro sconcerto di fronte a questa soluzione e sollecitare il piano di riequilibrio territoriale.

«Ancora una volontà non siamo stati coinvolti di nuovo senza alcun coinvolgimento, nemmeno a titolo informativo - affermano – . Appare incomprensibile come, nel dare una giusta risposta alle esigenze del Comune di Cesenatico , si vada a ‘risolvere’ il problema trasferendo i profughi nel territorio di Cesena (e quindi dell’Unione Valle del Savio) che a sua volta – come in più occasioni i Sindaci dell’Unione hanno congiuntamente sottolineato – ha ampiamente raggiunto tale quota, mentre altri territori limitrofi continuano a collocarsi su di un livello di accoglienza molto più basso».

«RESTIAMO in attesa di conoscere il piano di riequilibrio - aggiungono i sindaci – che porti a una diminuzione effettiva del numero delle persone ad oggi accolte nei nostri territori».