Scissione Gesturist, chiesti sei rinvii a giudizio

Secondo la Procura l'operazione creò un danno al Comune di quattro milioni

Terzo Martinetti

Terzo Martinetti

Cesenatico, primo ottobre 2014 - Caso Gesturist, i nodi stanno cominciando a venire al pettine: il pubblico ministero Filippo Santangelo ha chiuso le indagini relative alla scissione dell’ex società a maggioranza pubblica (il 74,31% del capitale era detenuto dal Comune di Cesenatico) e ha chiesto il rinvio a giudizio di sei persone: Terzo Martinetti, 55 anni, fino al 2011 direttore generale di Gesturist a capitale pubblico-privato e poi amministratore delegato di Gesturist privatizzata; Anna Maria Ori, 61 anni, ex direttore generale del Comune di Cesenatico, attualmente in pensione; Nivardo Panzavolta, 58 anni, ex sindaco del Comune di Cesenatico; Giancarlo Paganelli, 52 anni, ex presidente di Gesturist a capitale pubblico-privato; Stefano Grandi, 50 anni, di Ferrara, dal 2011 presidente di Gesturist spa; Roberto Camporesi, 53 anni, di Rimini, consulente della Gesturist spa. Martinetti, Panzavolta e Paganelli sono difesi dall’avvocato Marco Martines di Forlì; la Ori da Giancarlo Migani di Rimini; Grandi da Luigi Stortoni di Bologna, e Camporesi da Gian Paolo Colosimo e Giovanni Boldrini di Rimini.

La vicenda riguarda la scissione di Gesturist avvenuta nel 2011 a seguito del divieto per gli enti locali, contenuto nella legge finanziaria 2008, di detenere partecipazioni in società di capitali con la sola eccezione di quelle società che svolgevano servizi di interesse generale.

A Cesenatico il Comune aveva creato Gesturist, una società della quale deteneva la maggioranza assoluta del capitale (quasi il 75%), con la residua quota suddivisa tra le associazioni di categoria e investitori privati. La Procura della Repubblica (la richiesta di rinvio a giudizio è firmata anche dal procuratore capo Sergio Sottani) ipotizza che fossero state create le condizioni, senza passare attraverso l’esame del Consiglio comunale come sarebbe stato necessario, per favorire l’acquisizione della parte privata (comprendente, tra l’altro, il Camping Cesenatico) da parte del gruppo Giondi, causando un danno al Comune di poco più di quattro milioni di euro e un equivalente vantaggio alle società controllate da Riccardo e Massimo Giondi che acquisirono la partecipazione prima detenuta dal Comune. 

Il danno alle casse comunali sarebbe stato compiuto attraverso la sopravvalutazione dei servizi e della partecipazione e la mancata evidenziazione dell’inesigibilità di alcuni crediti. I reati ipotizzati a carico dei sei indagati sono diversi, a seconda dei ruoli: si va dall’abuso d’ufficio al falso compiuti da pubblici ufficiali in concorso con privati cittadini, fino alla truffa in danno del Comune di Cesenatico. Ora la parola passa al giudice per l’udienza preliminare che dovrà decidere se rinviare a giudizio gli indagati o proscioglierli.