Pantani, l'indagine e i sentimenti

Emanuele Chesi

Emanuele Chesi

Cesena, 3 agosto 2014 - L’onda dell’emozione risale impetuosa ancora una volta dopo dieci anni. Il nome di Marco Pantani tocca ancora il cuore di tutti, non solo dei tifosi che da sempre lo idolatrano. Non solo di mamma Tonina che da sempre sostiene «Me lo hanno ammazzato». Un grande campione che fa ancora sognare non può essere retrocesso a eroe negativo e disperato, annientato in una spirale di autodistruzione. C’è un’ansia di verità che forse parla più ai sentimenti che alla ragione. Ma è giusto non lasciare angoli oscuri in questa tristissima vicenda.

Nella riapertura dell’inchiesta sulla morte di Marco Pantani non ci sono indagati e — per quanto se ne sa ora — non emergono sostanzialmente elementi decisivi, se non una nuova lettura delle circostanze del decesso e degli esiti dell’autopsia. L’ipotesi è insomma che il quadro già noto sia compatibile con un omicidio. La Procura della Repubblica di Rimini si muove con estrema cautela e parla dell’inchiesta come di un ‘atto dovuto’ dopo l’esposto dei legali della famiglia. C’è un’ansia di verità che va placata. Anche se probabilmente la verità, quale che sia, non accontenterà mai tutti e non muterà l’immagine popolare del ‘Pirata’, campione grandissimo e uomo sofferente.