Interruzioni di gravidanza in continuo calo, ma resta alto il ricorso all’aborto tra i ceti più deboli

Anche nel Cesenate si conferma la linea di tendenza nazionale

CORSIA Un reparto ospedaliero di ginecologia (foto di repertorio)

CORSIA Un reparto ospedaliero di ginecologia (foto di repertorio)

Cesena, 28 ottobre 2014 - Calano, ma non così tanto come a livello nazionale, ambito in cui la ‘Relazione annuale del ministero della Salute’ fissa in un 4,2 per cento in meno lo scarto negativo delle interruzioni volontarie di gravidanza effettuate in base all’attuazione della legge 194. Si conferma dunque anche in città (dati dell’ospedale Bufalini) la tendenza storica della contrazione degli aborti volontari monitorati dal momento dell’applicazione della legge, ossia il 1980. Ma se a livello nazionale, tra il 2012 e il 2013, le interruzione sono state oltre 4mila e 500 in meno, nel nostro territorio il saldo negativo nello stesso lasso di tempo è appena di 3 casi, l’1,10 per cento in meno (271 erano state nel 2013, 268 se ne sono registrate nel 2012).

Ma a ben guardare tra i dati, non si evince che Cesena possa essere elencata tra le città dove non abbia prodotto un risultato comunque auspicabile l’effetto sinergico di più variabili, ossia una maggiore consapevolezza della contraccezione, una conoscenza più approfondita dei meccanismi della fertilità e forse anche una maggiore attenzione a non incorrere in quella che non può essere considerato uno strumento di regolamentazione delle nascite. Se, infatti, tra 2012 e 2013 lo scarto negativo dell’Ivg è di poco più dell’1 per cento, tra il 2012 e il 2011 all’ospedale Bufalini si è registrato un vero e proprio crollo: meno 15,50 per cento. Gli aborti procurati erano stati, infatti, 317 nel 2011 ed erano scesi a 271 nel 2012. Un altro elemento che concorre a dare un quadro dell’applicazione della legge 194 nella nostra città è il numero dei medici obiettori, ossia gli operatori sanitari che per motivi etici e di coscienza non sono disponibili ad effettuare le interruzioni. All’ospedale Bufalini su 47 anestesisti gli obiettori sono 13; tra i ginecologi sono 7 su 14 (in Italia sono circa il 69 per cento). Interessante sarebbe sapere se resta alto anche in città, come a livello regionale (dove si attesta in oltre il 20 per cento), il tasso di abortività della popolazione straniera, ma nella nostra realtà questo dato manca. In generale, tuttavia, è noto che, così come in ambito regionale, la maggioranza dei casi di interruzione volontaria di gravidanza in oltre il 50 per cento riguarda donne nubili e che oltre il 60 per cento risulta avere già un figlio.

I casi più frequenti coinvolgono donne tra i 25 e i 39 anni, e c’è anche un dato relativo alla scolarità: il 47 per cento circa ha la licenza elementare, un altro 40 il diploma di scuola media, il 42 un diploma superiore e il 10 un laurea. Come dire che una maggiore scolarizzazione porta a meno gravidanze indesiderate, confermando il peso della conoscenza anche nella gestione della fertilità. Poco propensa a giudicare questi dati attraverso la lente dell’ottimismo appare, tuttavia, la dottoressa Anna Maria Amaducci, presidente del Movimento per la vita di Cesena. «Bisogna dire le cose come stanno. Gli aborti calano per due fatti eclatanti – afferma – che nulla hanno a che fare con valutazioni positive, ossia c’è un calo vertiginoso di fertilità sia nelle donne che negli uomini, e c’è un ricorso massiccio alla pillola del giorno dopo. Ci sono in giro in Italia ogni anno, 400 mila pezzi di pillole del giorno dopo. E checché ne dicano istituzioni accreditate si tratta di farmaci abortivi, perdipiù bombe ormonali assai nocive alla salute. Tanto più che vengono assunte da ragazze molto giovani che, anziché fare la contraccezione regolare preferiscono disincentivare in questo modo i rapporti a rischio».

«Sono convinta – commenta, invece, Marisa Marisi, fondatrice dell’Associazione Perledonne – che questa diminuzione sia dovuta in gran parte alle maggiori informazioni sulla prevenzione delle gravidanze indesiderate e alla maggiore conoscenza da parte della giovanissime e delle donne straniere dei metodi contraccettivi. E’ un dato che fa piacere, l’aborto è comunque un intervento traumatico, tuttavia è importante che la legge continui a trovare la sua giusta applicazione poiché risolve una serie di problemi che spesso ricadono soltanto sulle donne. Questo continuo calo delle interruzioni dimostra anche che è stata una buona legge, non solo perché ha risolto la piaga dell’aborto clandestino e si cura della salute delle donne, ma perché ha dimostrato nel tempo di non essere considerato un mezzo per regolare le nascite come si era temuto, ma uno strumento a cui si fare riferimento in caso di effettiva necessità».