Le Due Torri vacillano

Andrea Cangini

LE DUE TORRI vacillano, ma nessuno lo dice. I due pilastri che per decenni hanno sostenuto e tenuto in forma il sistema emiliano, romagnolo e in parte anche quello marchigiano sono logorati dal tempo, dall’incuria e dagli effetti della duplice crisi economica e politica. E i danni si vedono. Imprese e cittadini paiono abbandonati a loro stessi; non c’è guida, non c’è visione, non c’è programmazione del futuro. Ci si dibatte in un eterno presente, con la mente sempre rivolta al passato. Sin dal dopoguerra, e con ancor più vigore dagli anni Settanta, i nostri territori hanno camminato, e spesso corso, su due gambe: il partito (Pci, Pds, Ds e infine Pd) e le coop. La prima gamba si è spezzata, la seconda è vittima di continui crampi che ne pregiudicano la funzionalità. Stretto com’è tra crisi economica e affondi giudiziari, il potere dell’universo cooperativo non è più quello d’un tempo. Esistono dei colossi – la bolognese Unipol e la ravennate Cmc, ad esempio – ma non ci sono più l’antica coesione, la vocazione alla leadership, la capacità di selezionare classe dirigente di livello da travasare, all’occorrenza, nel contenitore politico. La crisi del Pd è sotto gli occhi di tutti.

 

CONCLAMATA dalla miserabile affluenza (37,6%) alle regionali che lo scorso novembre hanno per così dire consacrato Stefano Bonaccini a presidente dell’Emilia-Romagna, dall’inopinato passaggio del governatore marchigiano uscente Gian Mario Spacca al centrodestra, dal caso Bologna. Caso strano, il caso Bologna. Il prossimo anno si voterà per eleggere il sindaco, ma sull’opportunità di ricandidare Virginio Merola pesano dubbi consistenti alimentati, tra l’altro, dai sondaggi. A breve si scoprirà che ad aver fiducia in Merola è meno della metà dei cittadini bolognesi. I dubbi, pertanto, ci sono. Qualcuno li ha resi pubblici, molti li manifestano solo in privato. In casi del genere, si ricorre alle primarie: che siano i cittadini a legittimare il candidato. Ma la prospettiva delle primarie fa paura, si teme che le tensioni interne a lungo sopite esplodano e che il Pd si avviti su se stesso in una guerra fratricida. Par di capire che questo sia anche il timore del king maker bolognese per antonomasia, l’Unipol. Ad oggi, si è preferito tacere i problemi, forti del fatto che lo sfascio del centrodestra e la mancanza di iniziativa della cosiddetta società civile rendono a dir poco irrealistica la possibilità di presentare un candidato alternativo realmente competitivo. L’inerzia è totale, la polvere nascosta sotto tappeti cittadini sempre più stinti e lisi. La politica risulta ancella dell’economia, ma il potere economico ha perso l’antica forza e perciò stenta ad esporsi. Capita a Bologna quel che capita altrove, ma qui, dove ancora si ode l’eco di un’età dell’oro ormai lontana, balza agli occhi. Tuttavia, si preferisce far finta di non vedere. Non se ne parla. Le due torri vacillano: avanti così finiranno per cadere nel consueto stupore generale.