I poveri bussano nelle parrocchie di Cesena

Preti sempre più impegnati sul fronte del bisogno. E il Comune segue oltre 1.500 famiglie in difficoltà economica

Mendicante (foto generica)

Mendicante (foto generica)

Cesena, 26 novembre 2015 - Parrocchie ridotte avanzate sul fronte della povertà. Presidi che non si fanno sentire, che non fanno rumore perché chi lavora ai confini delle nostre città non fa chiasso. Si ha l’impressione, facendo un giro da don Andrea Budelacci, a Martorano, che se cadessero loro si spaccherebbe la diga che tiene, nonostante tutto, l’ondata di povertà. Già, povertà. Parola vera, con un odore acre di realtà anche a Cesena. Per l’assessore ai servizi alla persona, Simona Benedetti «l’impoverimento è stata ed è ancora la prima emergenza di questi anni a Cesena». Solo in città, dice l’amministratore, «sono 1.500 le famiglie seguite perché in condizioni di difficoltà».

Difficoltà vuole dire utenze (riscaldamento), cibo, affitti arretrati e spese da prima linea della vita. Comune, Caritas, associazioni di volontariato sono presenti, ma un passo indietro rispetto al primo fortino: le parrocchie. «I bisogni sono tanti, aumentano – racconta don Andrea –. I bisogni crescono in tipologia e quantità». L’assessore Benedetti ci sussurra un «cose che non avevamo mai...». Cose che non avevamo mai visto se non nei film neorealisti o ascoltato nei racconti dei più anziani. Non avevamo mai visto la povertà e il suo conto. Per il sociale i comuni dell’Unione investono 15 milioni di euro l’anno. «Non avevamo mai visto» neanche certi problemi. Ci siamo mai chiesti che fino fanno le badanti dopo aver perso il lavoro in una casa? «Sono per strada – dice il prete –. In alcuni casi vengono letteralmente spennate per un posto letto indegno». E chi ha trovato una risposta? Anni fa il compianto diacono Consilio Pistocchi e la moglie furono tra i padri costruttori della casa di accoglienza a Martorano. All’inizio furono solo sei letti, oggi sono di più e soprattutto c’è sempre il tutto esaurito. Italiani, molti stranieri, famiglie e padri separati sono l’altra città. Vite accomunate dal bisogno e dall’assenza di rete familiare.

«Lo stato di disagio – così don Andrea – cresce e soprattutto perdura nel tempo». La povertà non è più una parentesi della vita ma una condizione della vita che può durare anni e consumarsi, giorno dopo giorno, nella solitudine. Che parole forti. Per farvi fronte Martorano raccoglie il cibo con iniziative specifiche, grazie al banco alimentare, alla mensa di alcune aziende cesenati e al mercato ortofrutticolo. CASCAMI che finiscono nelle dispense dei fortini della povertà. Poi c’è il centro Caritas, alla cui mensa ogni giorno pranzano circa 50 persone. Al caldo, sotto coperta per una manciata di minuti in questa navigazione che si chiama esistenza. Nell’altra città emerge l’essenziale, con i suoi spigoli e con i suoi bisogni fondamentali: cibo, indumenti, posti letto, ascolto. Sì, anche ascolto, per dare un linguaggio alla condizione di povertà e accoglienza. «I bisogni aumentano – analizza Ivan Bartoletti, direttore Caritas – e il lavoro per farvi fronte è continuo, quotidiano». La povertà è un fatto quotidiano, con odori e segni. Cose che non si erano mai viste.