Pio VI, ecco chi era il papa nato a Cesena

La storia ci consegna un ritratto non proprio lusinghiero di Giovanni Angelo Braschi, di cui quest’anno cade il 300 anniversario dalla nascita

Pio VI, il cesenate Giovanni Angelo Braschi, fu il  247° pontefice romano a fine ’700

Pio VI, il cesenate Giovanni Angelo Braschi, fu il 247° pontefice romano a fine ’700

Cesena, settembre 2017 - E’ stata a dir poco una sorpresa la prossima visita di Papa Francesco a Cesena, se non altro perché - come ci diceva un abate del Monte che aveva sperato inutilmente di vedere un Pontefice venire a celebrare i mille anni dell’Abbazia - difficilmente il Capo della Chiesa cattolica torna dopo pochi anni nel medesimo luogo. E negli anni ’80 qui c’era stato Karol Wojtila.

Ma Papa Francesco, come si sa, è abituato a rompere schemi e tradizioni consolidate, per cui - diretto a Bologna - ha scelto anche di fermarsi da noi, forse perché arrivate al suo orecchio le ‘paroline magiche’ del vescovo Douglas Regattieri: «Siamo una diocesi di periferia». E il Pontefice per le periferie - esistenziali e geografiche - ha una particolare predilezione, la sua missione sta anche e soprattutto nel far sentire la propria vicinanza a chi potrebbe sentirsi, se non abbandonato, dimenticato da Roma e dal messaggio evangelico.

Ma, ufficialmente, la sosta a Cesena sarà per rendere omaggio al papa cesenate Pio VI, ossia Giovanni Angelo Braschi, il 247° pontefice romano, a trecento anni dalla nascita.

E qui qualche interrogativo potrebbe sorgere, perché pochi come il suo predecessore sono stati tanto lontani dal modo di vivere ed agire di Papa Francesco. Altri tempi, si dirà, ma per gli storici Pio VI fu tutt’altro che un grande pontefice o, almeno, un buon pontefice.

Eamon Duffy, docente a Cambridge di Storia della Chiesa e, soprattutto, membro del Pontificio comitato di scienze storiche (quindi un’istituzione vaticana), ne «La grande storia dei Papi» ne parla così: «Per sfortuna della Chiesa, l’ultimo papa del XVIII secolo, Pio VI (1775-1799), fu una persona del tutto insignificante (...). Non era un uomo di profonda spiritualità e diventò sacerdote in età adulta (...). Braschi era alto, bello e vanitoso, orgoglioso della sue gambe eleganti e della sua nobile chioma bianca. Nonostante le disperate condizioni delle finanza pontificie, adottò uno stile di vita che ricordava quello dei suoi predecessori rinascimentali (...). Profuse denaro che non aveva (...), era un nepotista della grande tradizione rinascimentale, e arricchì i suoi nipoti a spese della Chiesa».

Insomma, non pare ci siano molti punti di contatto fra l’austero pontificato di Francesco e quello di Giovanni Angelo Braschi. Un uomo, inoltre, che ebbe a vivere in uno dei più tremendi momenti della storia della Chiesa, culminato con i massacri durante la Rivoluzione Francese, migliaia di preti d’Oltralpe che lasciavano Roma, i «refrattari», ossia chi restava fedele al pontefice, imprigionati, fucilati, ghigliottinati. E poi la calata di Napoleone in Italia, le spoliazioni, il trattato di Tolentino che segnò l’inizio della fine per lo Stato pontificio. Tempi tremendi e anche i più grandi pontefici della Storia avrebbero potuto ben poco.

Ma Pio VI - aggiunge Duffy - «era debole, vanitoso, mondano. Mentre allestiva gallerie di scultura e innalzava obelischi e fontane, le monarchie europee rapinavano la Chiesa e piegavano la Chiesa a servizio di uno Stato assolutista».

Anche se - a onor del vero - intraprese anche opere onorevoli, come il tentativo, solo parzialmente riuscito, di bonificare le paludi pontine. E la sua fine riscattò in parte le lunghe ombre del suo pontificato: fatto prigioniero dalle truppe francesi dopo tumulti a Roma, ormai stanco e malato fu portato prigioniero Oltralpe. Il 29 agosto 1799, a 82 anni, moriva a Valence sur Rhone. Gli furono negati perfino i funerali religiosi, venne sepolto solo l’anno dopo e, ultimo sfregio, sulla sua lapide fu scritto «Cittadino Braschi, che esercitava la professione di Pontefice» (secondo altre fonti: «Pio VI, in arte Papa)».

Le sue spoglie tornarono a Roma solo nel 1801, grazie a Pio VII Chiaramonti, il suo successore e pure lui cesenate. Oltre a Duffy, anche la Treccani e Wikipedia danno un giudizio negativo, sia pure non così duro, di Giovanni Angelo Braschi.

Sta di fatto che perfino la sua città, a parte la grande statua eretta peraltro quando lui era ancora regnante, se ne era quasi dimenticata. Finchè, con l’annuncio della visita di Papa Francesco, non ha deciso in fretta e furia di dedicargli un «Largo» davanti al Palazzo del Ridotto.