Il calvario di Rosa, Asur: "Troveremo una soluzione a spese nostre"

La donna di 35 anni è rimasta invalida dopo il parto

Rosa Castro, dominicana di 35 anni

Rosa Castro, dominicana di 35 anni

Civitanova, 22 aprile 2017 - «Prima del 27 aprile, giorno in cui la signora dovrebbe essere dimessa, troveremo una soluzione. Di certo non sarà abbandonata a se stessa». Alessandro Maccioni, direttore dell’Area Vasta 3 di Macerata, annuncia in questo modo che le istituzioni si faranno carico della situazione di Rosa Castro, la 35enne dominicana ricoverata all’Istituto di Riabilitazione Santo Stefano dopo essere finita in coma a seguito di un intervento di parto cesareo all’ospedale di Civitanova, nel maggio del 2016. Essendo stata stabilizzata, i vertici del Santo Stefano hanno deciso di dimetterla il 27 aprile, ma trattandosi di un soggetto temporaneamente presente sul territorio italiano, cioè senza copertura sanitaria (fatta eccezione per le cure di emergenza), una sistemazione alternativa a quella attuale si presenta oggettivamente problematica. Nei giorni scorsi, i legali che assistono la famiglia di Rosa, Andrea di Buono e Lucia Iannino, hanno lanciato un appello affinché la donna non sia lasciata sola, evidenziando le sue precarie condizioni di salute e anche l’impraticabilità di un trasferimento nell’appartamento dell’Hotel House, dove sono sistemati alla meno peggio i familiari. Adesso, però, arriva pure l’intervento decisivo del direttore dell’Area Vasta.

«La nostra è una scelta di umanità, volta a impedire l’abbandono di questa donna alla sua difficile situazione. Una scelta che non è dettata dal clamore della vicenda, né tanto meno significa un’assunzione di responsabilità rispetto a eventi su cui è in corso un’indagine della magistratura», precisa Maccioni. Chiaro il riferimento all’intervento a cui Rosa Castro è stata sottoposta all’ospedale di Civitanova su cui sono in corso i necessari accertamenti per verificare eventuali responsabilità. Insomma, la volontà di farsi carico di della situazione è figlia di quella sensibilità su cui poggia la civiltà di un Paese. Maccioni, insieme ai suoi collaboratori, sta verificando dal punto di vista normativo e clinico in quale modo si può intervenire.

«Stiamo ragionando su diverse possibilità, peraltro in stretto contatto con i vertici dell’Istituto Santo Stefano. Di certo, entro il 27 troveremo una adeguata soluzione, di cui ovviamente sosterremo i costi», prosegue Maccioni. Quale potrebbe essere? «La signora Castro potrebbe restare per un altro periodo all’Istituto Santo Stefano, oppure potrebbe essere trasferita in una struttura di riabilitazione simile, o trovare posto in una residenza sanitaria assistita. Una scelta che va valutata con attenzione, in particolare in rapporto alle norme e alle condizioni cliniche della signora». Una soluzione della quale Maccioni vuole poi rendere direttamente partecipi pure i familiari. «Li contatteremo al più presto», chiarisce.