Civitanova, 6 agosto 2017 - Aggressioni fisiche e verbali nei confronti degli operatori sanitari del pronto soccorso: protesta il sindacato per la mancanza di sicurezza nel reparto ospedaliero, dopo due episodi avvenuti nella stessa notte, tra mercoledì e giovedì, a distanza di poche ore, con le forze dell’ordine chiamate perché uno straniero si era barricato in bagno dopo avere inveito e urlato contro medici e infermieri, rifiutando le cure, e poco dopo due donne, una italiana e una straniera, entrambe ubriache, si sono invece prese a botte e per tentare di bloccare la straniera non sono bastati cinque operatori del pronto soccorso.
Nel primo caso è intervenuta la polizia, nel secondo i carabinieri per evitare il peggio. Elisabetta Guglielmi, segretaria del Nursind (sindacato delle professioni infermieristiche) di Macerata, dà voce alla preoccupazione della categoria: «Questi gravi episodi ancora una volta mettono in luce le urgenti problematiche della struttura riguardo alla sicurezza dei lavoratori e dei pazienti. Il Nursind ha più volte chiesto alla direzione sanitaria la presenza di una guardia giurata e di telecamere di sorveglianza, precisamente un presidio di guardia e di sorveglianza e un idoneo sistema di allarme».
E sul rischio che corre il personale sanitario insiste la Guglielmi, «perché non ci si può recare al lavoro temendo per la propria salute e con l’apprensione di non fornire le giuste e tempestive cure ai pazienti presenti, perché impegnati a fare ragionare tossicodipendenti, ubriachi, o persone che si scagliano contro senza motivo. E a trovarsi in situazioni di rischio sono infermiere, numericamente superiori ai loro colleghi. I professionisti della sanità non vogliono e non possono essere preposti a sedare risse e a combattere ubriachi, vogliono potere effettuare il lavoro per cui sono stati assunti nella dignità che è loro dovuta». Ricorda infine che il pronto soccorso di Civitanova, che in un anno registra circa 25mila accessi, «non può essere sprovvisto di requisiti minimi di sicurezza».
«Il problema – aggiunge la Guglielmi – va poi analizzato prendendo in considerazione anche la carenza dei posti letto, che alimenta lo stazionamento di pazienti in barella lungo i corridoi o in stanze che dovrebbero servire allo snellimento delle procedure, se il numero per il personale fosse adeguato».