Violentò la ex moglie mentre il figlio era nell’altra stanza

Porto Recanati, l’uomo condannato a sei anni e sette mesi. La donna era andata a riprendere il bimbo

La violenza avvenne nel 2011 (foto di repertorio)

La violenza avvenne nel 2011 (foto di repertorio)

Porto Recanati (Macerata), 21 settembre 2016 – Condannato a sei anni e sette mesi di reclusione, per l’accusa di aver violentato la ex moglie mentre il loro bambino era in una stanza vicina. La sentenza è arrivata ieri mattina, il fatto è accaduto a Porto Recanati nell’agosto del 2011.

La donna un anno prima si era separata dal marito, campano di 38 anni, ma ogni tanto lasciava che il loro figlio stesse con il padre. Un giorno lei era andata a riprenderlo. L’uomo le aveva chiesto di salire, dicendo che il figlio era ancora sotto la doccia. Ma appena lei era entrata in casa, lui l’aveva spinta in camera e l’aveva costretta a subire un rapporto sessuale. Per chiarire la vicenda, il tribunale ha anche chiamato a testimoniare il figlio della coppia, che era già stato sentito durante le indagini. In aula il figlio, che oggi ha 12 anni, ha confermato quanto dichiarato all’epoca: aveva sentito dei rumori metallici provenire dalla camera e le urla della madre, e quando i genitori erano usciti aveva visto che il padre aveva delle ferite alle mani. Ieri dunque, nell’ultima udienza, il pubblico ministero Stefania Ciccioli ha chiesto la condanna dell’imputato a sei anni e otto mesi di reclusione. Alla richiesta si è associata l’avvocato Elisabetta Manzotti, che era parte civile per la ex moglie dell’imputato.

L’avvocato Alessio Sabalich, per l’uomo, ha invece tentato di dimostrare che l’accusa era completamente infondata, perché piena di contraddizioni logiche e logistiche: l’ex marito non sarebbe mai riuscito a tenere bloccata la porta della camera e a violentare la donna. Ma alla fine i giudici hanno ritenuto provata l’accusa, e hanno condannato l’imputato alla pena di sei anni, sette mesi e venti giorni di reclusione; alla donna è stata riconosciuta una provvisionale di diecimila euro. L’imputato comunque può ancora fare appello contro la sentenza.