Giovedì 18 Aprile 2024

Sospetto jihadista, il mistero dei video: "Ghani sotto controllo da tempo"

L’operaio è in Pakistan. Nel mirino anche scritte e foto su Facebook

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Civitanova, 23 gennaio 2015 - Un soggetto da tempo tenuto sotto controllo nell’ambito dell’antiterrorismo nazionale. E’ quello che trapela da fonti investigative su Faqir Ghani, l’operaio pakistano di 26 anni, accusato dal ministero degli Interni di avere legami con la Jihad per aver condiviso dei video su Facebook e quindi espulso dall’Italia. Sono ancora sfumati i contorni delle accuse mosse nei confronti del ragazzo che ieri è atterrato nel suo Paese, in attesa di conoscere la propria sorte.

Per la famiglia, i colleghi del suolificio di Montecosaro, i conoscenti, gli altri volontari della Croce Verde dove è impegnato dal 2012, Ghani resta un lavoratore e un ragazzo modello. Ma per il ministero era anche un assiduo frequentatore di siti che inneggiano alla guerra santa. E inoltre gli investigatori avrebbero focalizzato l’attenzione sulle frequentazioni di Ghani. Un insieme di situazioni da tempo tenute sotto controllo. Eppure negli ambienti legati al giovane c’è molta incredulità. Bravo operaio, volontario impeccabile e sempre pronto a mettersi a disposizione della collettività. Questo è il profilo di Ghani delineato da chi lo conosce.

Il giovane dovrebbe essere già in mano alle autorità pakistane. Fino a ieri sera tardi il suo avvocato Maurizio Nardozza – in base a quanto da lui riferito – non aveva ricevuto notizie certe. «Stiamo attendendo tutti una telefonata da parte del padre – dichiara –. La cosa assurda è che ancora non siamo in possesso di documenti o atti che comprovino nulla. Nel frattempo rischiamo che un giovane venga giustiziato per un reato che non esiste».

Il timore è per il fatto che in Pakistan è stata reintrodotta la pena di morte per reati legati al terrorismo. Nei due profili Facebook, da tempo sotto controllo da parte della polizia, insieme a immagini che riportano passi del Corano, frasi sull’importanza per le donne di rimanere coperte in pubblico, c’è particolare attenzione per una foto dove appaiono le parole «Il libro del diavolo» dai contenuti da decifrare. Tutto scritto in udu, la lingua ufficiale del Pakistan. Gli investigatori stanno traducendo tutte le frasi e cercano di stabilire il significato di alcune immagini del profilo Facebook del ragazzo che non sono state rese pubbliche.