La destra e i denari

NELLO spettacolo, triste e desolante, delle tribù disciolte di Alleanza nazionale che confluiscono in un grigio albergo della periferia romana per contendersi quel che più interessa del cadavere della destra, ovvero la cassa, è riassunta la ragione del successo di Matteo Renzi. Cioè il fatto di non avere avversari credibili. Si discute molto, sui giornali, della sempreverde vocazione frazionista della sinistra. Ma la destra non è da meno. Unica differenza: alle insofferenze personali e alle diversità (parola grossa) culturali, somma le questioni legate all’interesse materiale. Per dirla in una parola, ai soldi. Silvio Berlusconi coltiva i propri, gli altri cercano di arraffare quelli dei passati finanziamenti pubblici. Per ragioni di soldi (la famosa casa di Montecarlo) Gianfranco Fini perse la faccia, per ragioni di soldi le destre si scompongono e e si ricompongono alla bisogna. Ne risulta l’immagine di un’élite politica arroccata nelle proprie ridotte, intenta solo contar denari e senza più rapporti con la società. Col mondo reale. Non stupisce, dunque, che nella Milano del Cavaliere Forza Italia non sia ancora in grado di esprimere un candidato sindaco ad essa riconducibile. E che nella Roma del Potere il centrodestra sembri oggi pronto ad affidarsi a quell’Alfio Marchini snobbato nel 2013.